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La Governance proprietaria, aziendale e familiare nei family business   

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Cercare come azienda di famiglia e trovare nuovi investitori

Il caso Nanosurfaces Industries Srl

di Massimo Lazzari

Le operazioni di ricerca di nuovi partner e investitori hanno avuto un’accelerazione negli ultimi anni, anche per le PMI famigliari. Questo è dovuto da un lato a nuovi strumenti messi a disposizione dal mondo istituzionale e finanziario, ma anche a una nuova crescente consapevolezza.

La PMI, e la famiglia, da sola spesso non ce la fa.

Non ce la fa a crescere in modo organico, a raggiungere la dimensione ottimale per competere sui mercati, a fare investimenti robusti, a sviluppare l’organizzazione e i processi, a recuperare gli equilibri economici, patrimoniali e finanziari… in una parola a creare valore.

La ricerca di nuovi partner industriali e/o finanziari è un tipo di intervento trasversale rispetto a tutte le situazioni di difficoltà d’impresa, anche se con sfumature diverse.

Nelle situazioni di stagnazione o di prima difficoltà, può essere una delle opzioni a disposizione per la trasformazione strategica dell’azienda, soprattutto nei casi in cui i processi di cambiamento strategico e di recupero competitivo siano difficili da attuare stand-alone.

Nelle situazioni di declino, e ancor di più in quelle di insolvenza, spesso è una scelta obbligata, l’unica alternativa per garantire la continuità dell’azienda, del business e dei posti di lavoro. In ogni caso, l’ingresso di un nuovo partner, che sia industriale o finanziario, richiede da parte dell’imprenditore la disponibilità a condividere o, addirittura, a perdere il controllo della propria azienda.

FamilyBiz Il cambiamento tra tradizione e innovazione in un “delicato equilibrio” familiare

E questo non è mai semplice né scontato, soprattutto nelle imprese familiari e, a maggior ragione, nelle imprese familiari che non si trovano in una situazione di difficoltà avanzata. Nonostante ciò, quello che sto vedendo in questi ultimi anni è che i leader fondatori, ma anche i discendenti, sono sempre più spesso aperti a valutare queste opzioni, perché si rendono conto che la loro impresa da sola non è più in grado di:

  • accelerare la crescita e lo sviluppo dei mercati internazionali;
  • realizzare piani di investimento robusti;
  • competere con concorrenti sempre più aggressivi e strutturati;
  • aumentare l’efficienza dei propri processi interni;
  • attrarre talenti e offrire percorsi di carriera interessanti;
  • ridurre i costi e migliorare le marginalità;
  • irrobustire gli equilibri patrimoniali e finanziari.

Una volta compreso che per raggiungere questi obiettivi la strada giusta è quella della ricerca di nuovi partner, il nemico si chiama “improvvisazione” e la parola magica da usare per sconfiggerlo è “metodo”. Non si può avviare la ricerca di un nuovo partner da coinvolgere nei processi di trasformazione strategica dell’azienda senza un metodo strutturato. O meglio, lo si può fare, ma spesso e volentieri porta a esiti disastrosi.

Il metodo che propongo agli imprenditori che desiderano – o sono costretti a ricercare – nuovi partner industriali e/o finanziari, si basa su un processo strutturato che ho messo a punto lavorando su tante e diverse operazioni straordinarie in questi anni.

È un percorso lineare e standardizzato, ma ti posso assicurare che ogni operazione straordinaria fa scuola a sé e che, in alcuni casi, ho dovuto trovare soluzioni anche molto articolate e originali, come quella che ti racconto ora.

Il caso Nanosurfaces Industries Srl

Il caso in questione vede le sue origini nel 2009, quando una nota azienda bolognese attiva nel settore delle forniture ospedaliere, per supportare un forte processo di crescita delle vendite e di espansione internazionale, decise di ampliare le sue capacità produttive e internalizzare parte dei processi produttivi, in precedenza affidati a terzisti.

Nacque quindi una sede distaccata dal quartier generale, dove vennero concentrati tutti gli asset di produzione allora presenti nella sede principale e installati macchinari di nuova generazione, attraverso un investimento di diversi milioni di euro. Nel nuovo stabilimento trovarono allocazione tutte le aree tecniche e produttive e vennero impiegati inizialmente circa 40 addetti.

La casa madre, da sempre molto orientata all’innovazione, intrecciando strette relazioni con università ed enti di ricerca, decise di dedicare parte della nuova area produttiva all’insediamento di un innovativo spin-off universitario da essa controllato (Nanosurfaces Srl), la cui principale attività riguardava lo sviluppo di tecnologie di superficie funzionali alle applicazioni medicali.

Nel corso del successivo triennio, il successo riscontrato dai prodotti sui mercati internazionali portò l’azienda a investire con continuità nelle risorse umane, raggiungendo circa 110 unità, di cui oltre 60 addetti dedicati alle attività svolte nella sede produttiva.

FamilyBiz Il cambiamento tra tradizione e innovazione in un “delicato equilibrio” familiare

Purtroppo, la crisi dei mercati e il riassetto del sistema bancario nazionale e internazionale, colpirono l’azienda nel momento più difficile della sua crescita. Il forte impegno in circolante di un settore a stretto contatto con la sanità non poteva più essere supportato dal sistema bancario, in un momento storico in cui il credito diveniva di sempre più difficile accesso e mantenimento per una realtà aziendale estremamente sbilanciata, dal punto di vista degli equilibri patrimoniali e finanziari. Nel contempo, la crisi dei mercati nazionale e internazionali stava portando a un allungamento cronico delle dilazioni di incasso, causando una irreversibile crisi di liquidità.

Nel corso del 2012 la crescita si arrestò e la situazione patrimoniale-finanziaria contaminò irrevocabilmente la gestione economica. Il ricorso alla CIGO impattò in modo pesante sullo stabilimento di produzione, che fino ad allora aveva vissuto un triennio di espansione e consolidamento tecnologico e organizzativo.

Nella seconda metà del 2012 il management e la proprietà maturarono la consapevolezza che la situazione di crisi in atto non poteva essere risolta mediante strumenti stragiudiziali, e si affidarono al supporto di advisor per analizzare la situazione e concepire un piano di ristrutturazione che potesse dare continuità all’attività aziendale, al know-how e alle risorse umane coinvolte.

La discontinuità affrontata

Il modello di business dell’azienda prevedeva la coesistenza all’interno di un unico soggetto giuridico delle tre attività strategiche chiave:

  1. commercializzazione diretta dei prodotti a proprio marchio sul mercato italiano;
  2. commercializzazione mediante distributori dei prodotti a proprio marchio sui mercati internazionali;
  3. attività tecnico-produttive nella sede distaccata.

Il modello di business “aggregato” adottato fino a quel momento aveva comportato l’emersione di inevitabili trade-off fra le varie attività, elevati investimenti e grande complessità organizzativo-gestionale, con evidenti ricadute sulle performance economiche e competitive.

Gli effetti della crisi si riscontrarono innanzitutto nel peggioramento degli equilibri economici della società, che evidenziarono in particolare:

  • un calo sensibile del fatturato;
  • una contrazione progressiva delle marginalità caratteristiche;
  • significative perdite economiche.

Le opzioni strategiche esaminate e la strategia identificata

La concezione di un piano di ristrutturazione efficace occupò professionisti e management per diversi mesi, durante i quali vennero analizzati e sviluppati diversi scenari e incontrati alcuni partner industriali, potenzialmente interessati a subentrare alla proprietà e rilanciare l’operatività aziendale.

La necessità di “separare” e “rifocalizzare” le tre attività strategiche chiave presenti all’interno del modello di business aziendale portò il management team e gli advisor a individuare la strada più efficace verso la ristrutturazione. L’azienda venne quindi divisa in tre rami:

  1. un ramo commerciale focalizzato sul mercato italiano;
  2. un ramo commerciale focalizzato sul mercato internazionale, cui sarebbe stato conferito il marchio e la proprietà intellettuale;
  3. un ramo industriale focalizzato sulla produzione dei dispositivi medici per i due rami commerciali (Italia ed estero), ma già predisposto alla produzione in c/terzi per qualunque altra realtà aziendale attiva nel settore medicale.

L’obiettivo di tale ristrutturazione del modello di business era duplice:

  1. conferire i tre rami d’azienda all’interno di tre soggetti giuridici specifici, rimuovendo così buona parte dei fattori endogeni alla base della crisi economico-finanziaria dell’azienda;
  2. identificare partner industriali da coinvolgere nel progetto di risanamento, non all’interno di una società con un modello di business complesso ed equilibri ormai compromessi, bensì all’interno dei nuovi soggetti giuridici focalizzati sulle tre attività strategiche chiave.

Nello specifico, il ramo produttivo, seppur privo di un accesso diretto al mercato, vantava un enorme patrimonio in termini di know-how e capacità produttiva non adeguatamente sviluppata. Inoltre, lo spin-off tecnologico situato presso il medesimo stabilimento, negli anni aveva consentito di avviare rapporti di produzione c/terzi con alcuni piccoli clienti del settore medicale. L’idea quindi di dare più ampio respiro a tale servizio e contestualmente sfruttare risorse non utilizzate presso lo stabilimento di produzione, si concretizzò nello scorporo del ramo industriale, destinato quindi a divenire un terzista per il settore medicale, capace di attrarre potenziali investitori focalizzati su questo specifico business.

Cambio di modello di business, ristrutturazione finanziaria e ingresso di nuovi soci con interesse strettamente correlato ai nuovi business creati, questi furono gli ingredienti chiave del progetto di ristrutturazione e rilancio.

FamilyBiz Il cambiamento tra tradizione e innovazione in un “delicato equilibrio” familiare

I nuovi soci coinvolti nel progetto dovevano essere funzionali non solo a iniettare le risorse finanziarie necessarie alle tre aziende neonate per uscire dalla crisi e rilanciarsi, ma anche ad aprire nuovi mercati alle medesime e differenziarne l’offerta attraverso sinergie con business differenti ma complementari. 

Le tappe principali nell’esecuzione della strategia

Nei primi mesi del 2013, la proprietà e il management dell’azienda, per la quale si prefigurava un percorso giudiziale di risoluzione della crisi, avevano avviato un’attività di ricerca di partner industriali attivi nel settore delcontract manufacturermedicale. Nel giro di poche settimane si concretizzò l’interesse da parte di un importante gruppo americano, Coorstek Inc., leader del settore ceramica tecnica e facente capo alla famiglia Coors, nota come produttore leader del settore birra con marchi quali Coors Light, Blue Moon, Peroni, Carlsberg, e già attivo nel settore medicale attraverso la controllata C5 Medical Werks.

Nel maggio del 2013 nacque Nanosurfaces Industries Srl, attraverso lo scorporo del ramo industriale dell’azienda pre-esistente all’interno di un soggetto giuridico neo-costituito. La nuova società iniziò subito la sua attività operativa, operando come affittuaria del ramo industriale e, allo stesso tempo, fornitore dell’azienda pre-esistente. Nello stesso mese il gruppo americano entrò nella compagine sociale della neonata società attraverso un aumento di capitale.

Nel mese di novembre del 2014 si concluse con successo il percorso di ristrutturazione giudiziale dell’azienda pre-esistente, e si concretizzarono le operazioni societarie.

I soggetti coinvolti

Il ramo commerciale italiano venne acquistato da imprenditori italiani, uno dei quali ricopriva il ruolo di direttore commerciale della divisione Italia all’interno dell’azienda pre-esistente.

Quest’ultima, che mantenne la ragione sociale precedente, divenne di proprietà di un gruppo cinese operante nel mercato della traumatologia, interessato a sviluppare in particolare il mercato del Far-East e degli USA e consolidare la presenza internazionale del brand.

Coorstek Inc, mediante la controllata C5 Medical Werks, acquisì il 100% delle quote di Nanosurfaces Industries, che a sua volta acquistò il ramo industriale. Nel medesimo periodo Coorstek acquisì un’importante realtà americana, IMDS Lld, e creò Coorstek Medical dall’unione di Nanosurfaces Industries Srl, C5 Medical Werks e IMDS.

Nanosurfaces Industries Srl nata da un quasi fallimento diventò parte di una realtà industriale di rilievo a livello mondiale.

I risultati ottenuti e l’impatto sugli equilibri economico-finanziari dell’impresa

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Nanosurfaces Industries Srl, nata nel maggio del 2013, ha chiuso positivamente tutti gli esercizi successivi, dimostrando la bontà delle intuizioni del management team e degli advisor, e ricambiando la fiducia del nuovo socio Coorstek.

L’azienda nel corso di questi anni, nonostante le grandi difficoltà iniziali legate alla convivenza con un gravoso e lungo processo di ristrutturazione giudiziale dell’azienda pre-esistente, non si è mai arrestata, aumentando il numero dei suoi addetti, dai 33 inizialmente inclusi nel ramo d’azienda scorporato agli attuali 100, inserendo nuove attrezzature produttive e sviluppando nuove tecnologie.

L’azienda partita nel 2013 con soli due clienti, i rami commerciali nati dallo scorporo della casa madre, vanta oggi in Italia e all’Estero decine di clienti. Il portafoglio si è incrementato e nel 2019 oltre la metà del fatturato è stato realizzato con nuovi clienti, tra cui Lima Corporate, Orthofix e Link, tutte realtà presenti sui mercati nazionale e internazionali.

Nanosurfaces Industries Srl è una realtà giovane, con età media inferiore ai 40 anni, un management team altrettanto giovane, un gruppo motivato che è cresciuto insieme negli ultimi dieci anni e che si è arricchito di esperienza e capacità attraverso nuovi inserimenti.

Conclusioni

Il caso di Nanosurfaces Industries Srl è un evidente esempio di come, da un lato, una strategia perseguita senza un’accurata analisi della situazione di partenza abbia condotto un’impresa storica di successo sull’orlo del fallimento, e di come, dall’altro lato, tale drammatica situazione abbia trovato una soluzione efficace attraverso la formulazione e l’esecuzione di una strategia di ristrutturazione e rilancio coerente rispetto al contesto esterno e interno dell’impresa.

È evidente che si tratta di un caso molto particolare, che non ambisce certo a configurarsi come un modello perseguibile da qualsiasi impresa si trovi nelle medesime situazioni. Tuttavia, da tale esperienza si possono certamente dedurre diversi spunti e indicazioni utili per gli imprenditori che si trovino a dover fare i conti con una strategia di ristrutturazione e rilancio della propria impresa.

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BrandonFrism