Nell’ultimo articolo abbiamo visto perché oggi più che in passato è importante ragionare sulla possibilità di valutare, o rivalutare, il marchio aziendale. Da un lato, infatti, la pandemia globale ha causato per tantissime aziende perdite economiche, che difficilmente potranno essere ripianate senza prevedere anche una rivalutazione contabile degli asset intangibili.
Dall’altro lato, tuttavia, tali operazioni assumono un significato (non solo contabile) soltanto in alcune specifiche situazioni, ed esclusivamente nell’ambito di imprese che abbiano deciso veramente di rendere il brand un elemento cardine della propria strategia competitiva, un’area critica di investimento, un fattore di differenziazione dell’offerta da quella di qualsiasi altra azienda, un veicolo dei valori e degli elementi distintivi della missione aziendale.
Se stai leggendo questo articolo probabilmente sei un imprenditore o un manager di un’azienda che sta considerando l’opportunità di valutare, o rivalutare, il marchio aziendale.
Avendo seguito direttamente operazioni di questo tipo, in aziende di dimensioni diverse e appartenenti ai più disparati settori aziendali, ti illustrerò un metodo che potrai applicare anche nella tua azienda.
Ma cerchiamo innanzitutto di rispondere a questa domanda:
Quali marchi possono essere valutati?
Prima di capire quale valore attribuire a un marchio aziendale, è opportuno chiedersi quali marchi possano essere valutati da un punto di vista economico.
Innanzitutto, presupposto fondamentale perché un’azienda possa procedere all’iscrizione a bilancio di un marchio consiste nella “proprietà intellettuale” dello stesso, requisito soddisfatto soltanto ed esclusivamente mediante la registrazione dello stesso secondo le forme stabilite dalla legge.
Questo significa, ad esempio, che marchi non registrati non possono in alcun modo essere iscritti a bilancio, anche se ciò non preclude la possibilità di riconoscere agli stessi “una tutela giuridica specifica in caso di preuso e sempreché lo stesso possegga un effettivo ruolo distintivo”.
Quindi la normativa vigente esprime i requisiti fondamentali per il riconoscimento giuridico dello stesso, in termini di:
- novità: ovvero l’assenza sul mercato di prodotti o servizi contraddistinti da segno uguale o simile,
- originalità, ovvero la capacità di distinguere un prodotto o servizio da quelli degli altri,
- liceità, ovvero la conformità all’ordine pubblico e al buon costume.

Tuttavia, questo non significa neppure che sia sufficiente rispettare tali requisiti giuridici per poter attribuire al marchio registrato un valore economico.
Il valore economico di un marchio risiede infatti, come detto, nella capacità dello stesso di generare, a beneficio dell’azienda che lo possiede e lo utilizza, redditi e flussi finanziari aggiuntivi rispetto a quelli che potrebbe realizzare in assenza del marchio stesso.
Partendo da tale assunzione, si può affermare che un marchio aziendale, perché gli si possa attribuire un valore economico, dovrebbe rispettare quantomeno i seguenti 5 requisiti fondamentali:
- protezione: ovvero deve essere garantita la tutela dal punto di vista giuridico e della proprietà intellettuale del marchio all’azienda che lo possiede in tutti gli ambiti in cui lo stesso è utilizzato;
- identità: ovvero il marchio deve essere in grado di trasmettere al mercato una precisa connotazione di valori, sia oggettivi che soggettivi, riconducibili direttamente ai prodotti / servizi ad esso associati, e/o all’azienda che li distribuisce;
- riconoscimento: ovvero il marchio deve essere conosciuto e diffuso negli ambiti all’interno dei quali è utilizzato;
- differenziazione: ovvero il marchio deve essere in grado di esprimere all’esterno gli elementi che differenziano i prodotti / servizi ad esso associati da quelli di qualsiasi altra azienda, così come le caratteristiche distintive dell’azienda che lo utilizza rispetto a tutti i suoi concorrenti;
- rilevanza: ovvero il marchio deve rappresentare un fattore critico di successo all’interno degli ambiti in cui è utilizzato, ed un elemento discriminante per il cliente nella scelta dell’offerta di un’azienda rispetto a quella di qualsiasi altra azienda.
E ora vediamo insieme quale metodologia puoi applicare per la valutazione o rivalutazione del marchio della tua azienda.
Come si attribuisce un valore economico al marchio?
In Italia non esiste una metodologia di valutazione di marchi universalmente riconosciuta.
Di fatto, chi oggi voglia procedere alla valutazione (o rivalutazione) di un marchio aziendale, indipendentemente dal fatto che tale attività sia propedeutica alla cessione/acquisizione dello stesso a/da terzi, oppure che sia finalizzata alla sua iscrizione a bilancio, può scegliere di adottare diverse metodologie alternative (non sempre tutte applicabili).
Tra le più diffuse metodologie di valutazione dei marchi aziendali vanno sicuramente citati:
- metodo empirico: tale metodo si riferisce alle informazioni espresse dal mercato; si assumono quali informazioni i prezzi pagati in negoziazioni similari espresse dal mercato e si estrinsecano in una percentuale o in un moltiplicatore da applicare ad una determinata grandezza: fatturato, reddito lordo o margini lordi, flussi finanziari, avviamento;
- metodo dei flussi finanziari: i metodi finanziari sono affini a quelli usati per la valutazione globale dell’azienda; si effettua un’estrapolazione della stima complessiva dei flussi monetari prodotti dal marchio con proiezione negli esercizi futuri attualizzati ad un tasso adeguato;
- metodo della stima del contributo al reddito: i metodi economici-reddituali si prefiggono di quantificare il contributo offerto dal marchio alla redditività; il metodo consiste nella determinazione della differenza tra il reddito di impresa relativamente al prodotto/merce dotato del marchio e quello conseguibile con un prodotto/merce privo di marchio;
- metodo delle royalties ideali: tale metodo consiste nell’attualizzazione dei redditi calcolati sulla base delle “Royalties” o “rédévances” percentuali ottenibili sul mercato dal marchio;
- metodo dell’accreditamento del marchio mediante investimenti promozionali: tale metodo considera le spese sostenute dall’azienda per far conoscere il marchio e distingue tra la fase di lancio e la fase di consolidamento del marchio;
- metodo del costo di sostituzione: tale metodo si propone di misurare il complesso dei benefici futuri generati dal bene oggetto di stima attraverso la determinazione delle risorse monetarie che si dovrebbero impiegare per sostituire quel bene con uno del tutto identico o, comunque, dotato della stessa idoneità ad offrire il medesimo servizio.
Nell’articolo pubblicato sulla rivista Amministrazione & Finanza di Ipsoa ti racconto un caso aziendale in cui ho applicato tali metodologie per la valutazione dei marchi, e da cui potrai prendere diversi spunti operativi per il tuo caso specifico.
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