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Un giovane discendente al comando di un’azienda di famiglia

Il caso di Aurelio Mora di IMB

di Edoardo Bassetti

Nata  nel  1976  da un’idea  di  Alberto  Mora, l’IMB (Industrie  Meccaniche Busseto) progetta  nuove attrezzature per quadristi e impiantisti elettrici. Partendo da un garage di Busseto (Parma), l’azienda cresce e si sviluppa sul mercato nazionale e internazionale, fornendo soluzioni all’avanguardia per la lavorazione di armadi elettrici e barre di rame. Oggi Aurelio porta avanti il progetto del padre, garantendo la continuità e la qualità della produzione IMB, sempre all’insegna della customizzazione e dell’innovazione.

Aurelio, parliamo di questi ultimi anni: come si è evoluta l’azienda? In che modo avete fronteggiato i cambiamenti improvvisi legati alla pandemia?

L’azienda nasce da un’idea di mio padre, che insieme ad altri tre soci decise di mettere su un’attività rispondendo a un’esigenza del mercato elettrico: a quei tempi c’era un vuoto tecnologico, e quindi anche solo pensare a delle attrezzature per forare le portelle dei quadri elettrici rappresentava una grande innovazione. Tra gli anni Ottanta e Novanta poi due soci hanno lasciato, mentre invece nei primi anni del Duemila mio padre ha deciso di rilevare la quota dell’ultimo socio rimasto, sapendo che quest’investimento avrebbe avuto continuità grazie ai suoi figli – e ha avuto ragione, almeno per il momento. Gli ultimi anni, a partire dalla pandemia, hanno cambiato molto la nostra fisionomia: purtroppo mio padre è venuto a mancare in maniera inaspettata con la prima ondata di Covid. In realtà il processo di transizione era già iniziato, però le tempistiche sarebbero dovute essere più graduali. Mi sono quindi ritrovato a prendere in mano le redini dell’azienda nell’aprile del 2020, in piena pandemia, in un periodo di certo non facile. Per fortuna, però, l’ottima gestione finanziaria che abbiamo ereditato ci ha permesso di tenere duro, grazie a una capitalizzazione fortissima che ha mitigato qualsiasi problema di liquidità. Dal punto di vista finanziario vorrei quindi essere fedele a quest’indirizzo, anche se ci arrivano costantemente offerte relative a soluzioni innovative extra-bancarie. Anche se non dovesse essere l’approccio migliore in termini di massimizzazione, credo che la nostra sicurezza non possa essere barattata con nessun tipo di rendimento.

Quali sono state le tue prime mosse da amministratore?

Ultimamente abbiamo iniziato ad appoggiarci anche con altri collaboratori esterni, e stiamo puntando sull’automazione. Nei prodotti più commerciali abbiamo una forte concorrenza da parte dei grandi gruppi: produttori cinesi, taiwanesi, che fanno lo stesso tipo di prodotto al decimo del costo. Il cliente, pur riconoscendo la nostra qualità, ci dice: “se spendo un decimo e lo uso solo per un anno non fa niente, ne prenderò un altro l’anno prossimo”. Questo modello industriale ha cambiato il modo di ragionare delle nuove generazioni, anche se auspico si torni presto a rimettere al centro la qualità del prodotto – e in tal senso mi sembra che in un modo o nell’altro ci stiamo arrivando. Abbiamo deciso di focalizzarci sull’automazione più spinta, per rivolgerci a un target di mercato un po’ più elevato. Si tratta però di sviluppi abbastanza lunghi, è un’innovazione ancora in atto. In questo momento dal punto di vista dell’approvvigionamento di materiale elettrico ed elettronico viviamo come tutti un momento difficile. Questo però ci dà paradossalmente anche un vantaggio competitivo, perché le nostre macchine sono rimaste in gran parte off grade, nel senso che sono fuori dalla rete e utilizzano molto poco l’elettronica, e ciò ci consente di avere delle tempistiche ancora decenti: lì non abbiamo ritardi sulle consegne, a differenza invece dei nuovi prodotti in fase di sviluppo, che stanno andando a rilento. Inoltre, ho introdotto dei nuovi approcci commerciali che a suo tempo erano sempre stati malvisti da mio padre, come ad esempio la possibilità di usufruire del noleggio operativo per le nostre attrezzature; anzi, a dir la verità sto progettando anche una modalità di noleggio interna, gestita direttamente da noi: una cosa che non abbiamo mai fatto prima, perché abbiamo sempre venduto attrezzature finite.

Quando hai capito che saresti entrato in IMB? Dove hai percepito più distanza fra la tua visione e quella della generazione di tuo padre?

A differenza di molti altri, l’ho capito sin da subito: direi dalla terza superiore, se devo scegliere un momento preciso. Avevo chiarissimo in mente che la mia strada sarebbe stata questa. Sin da piccolo mi sono innamorato della meccanica, e sicuramente mio padre ha giocato un ruolo fondamentale in questo senso. Ho studiato ingegneria meccanica, e finita l’Università sono entrato in azienda al 100%, dopo un periodo di stage di 4/5 mesi in AMADA – una grossa azienda giapponese che ha una sede anche in Italia. Dico al 100% perché anche durante gli anni universitari venivo in azienda non appena potevo. Ho affiancato mio padre per un paio di anni, sia nella parte tecnica che nella parte manageriale, dopodiché purtroppo è venuto a mancare. Mi sono ritrovato a dover fare tutto in un colpo solo, anche cose di cui non sapevo nulla. A riguardo devo fare un plauso a mio padre, perché mi ha sempre lasciato molta libertà, dandomi la possibilità di crescere. Essendo un imprenditore degli anni Settanta-Ottanta, ad esempio, era abituato a una pubblicità un po’ vecchio stile. Da questo punto di vista ho sicuramente apportato delle novità: la prima cosa che ho fatto è stata rivoluzionare il catalogo, fortificare la nostra presenza su internet, che vogliamo ora rafforzare ancora di più, soprattutto per quanto riguarda l’estero: prima era più facile stabilire dei nuovi contatti partendo un po’ all’avventura, ora invece bisogna arrivarci preparati.

Ci sono stati dei momenti di frizione all’interno della famiglia?

Al nostro interno devo ammettere che grandi scontri non ci sono mai stati. La mia leadership è sempre stata riconosciuta, perché era chiaro sin da quando sono entrato in IMB che sarei diventato il futuro amministratore delegato. Ovviamente le tempistiche erano state pensate in maniera diversa, ma la visione manageriale era insomma chiara sin da subito. Dal punto di vista delle competenze, la mia laurea in ingegneria meccanica mi ha dato buone basi per potermi confrontare anche con il reparto tecnico – è una cosa molto importante, a maggior ragione data la mia età. Con mio padre abbiamo avuto dei momenti di “sovrapposizione”, quello sì: pur seguendo progetti differenti, è capitato che io decidevo una cosa e lui un’altra, e le persone si ritrovavano a decidere se fare quello che avevo detto io o quello che aveva detto lui. Parliamo comunque di dinamiche fisiologiche, grossi danni non ne abbiamo fatti, insomma. Con una chiacchierata solitamente si metteva tutto a posto. Veri e propri scontri all’interno della nostra famiglia, e in generale dell’amministrazione, non ne abbiamo mai avuti. Devo ammettere che non c’è stato neanche modo e tempo di averli, in realtà.

Qual è il rapporto con quei dipendenti che ti hanno visto crescere fra le mura dell’officina?

Mio padre aveva costruito una squadra di lavoro con persone che avevano praticamente iniziato con lui, ed erano qui da quarant’anni. Ora quella prima generazione è ormai quasi tutta in pensione, e in questo periodo è in atto un forte ricambio della forza lavoro. La squadra è composta da lavoratori molto giovani con pochissime eccezioni, che sono considerati appunto come dei vecchi saggi. Con questi ultimi il rapporto è impeccabile, perché oltre a darmi ascolto mi hanno visto crescere in officina, e c’è quindi un rapporto particolare. Il confronto è davvero costruttivo, perché lavoriamo per lo stesso obiettivo comune: l’azienda ci sta a cuore allo stesso modo. I giovani invece sono qui da poco, e quindi i rapporti magari sono un po’ diversi, ma comunque molto dinamici: hanno tutti il mio numero di telefono, mi scrivono la domenica sera, parliamo di tutto, anche di temi extra-lavorativi.

Obiettivi per il futuro? Nuovi business o aggregazioni all’orizzonte?

L’obiettivo sarebbe quello di raddoppiare il nostro fatturato nel giro di cinque anni. Come ho già accennato, attualmente stiamo puntando sull’automazione e sul noleggio. Non intendo certo cambiare settore al momento. Dal punto di vista delle aggregazioni, invece, ci sto pensando da tempo, date le piccole dimensioni della nostra azienda, che in questo momento storico ci impongono di unirci ad altre realtà per avere più forza contrattuale. È però un processo che allo tesso tempo va gestito con attenzione, perché il nostro punto di forza è il rapporto diretto con il cliente, la customizzazione del prodotto: tutto ciò che ci rende una realtà industriale con un’attenzione ancora “artigianale” al dettaglio, che non sempre si riesce a mantenere quando ci si aggrega con altre realtà.

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