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WORKSHOP FAMILY BUSINESS ARENA

Governance e Capitali per la crescita  

24 Ottobre 2024

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Copertina familybiz Trasformare e rilanciare l’impresa a base di famiglia in uno stadio di declino

Una seconda generazione come la prima: la posizione di Diego Mingarelli, Diasen

di Alessandro De Vecchi

Diego Mingarelli, 44 anni, è amministratore e proprietario della Diasen, impresa familiare con sede a Sassoferrato, in Provincia di Ancona, nell’entroterra marchigiano. L’azienda è specializzata nella produzione di biomalte e pitture a base di sughero, che garantiscono importanti performance di comfort e benessere abitativo.

Abbiamo fondato l'azienda sulla sostenibilità, sviluppando tecnologie per il mondo delle costruzioni, dell'isolamento termico, del restauro e del risanamento edilizio, diverse da quelle che si trovano abitualmente sul mercato. La più grande sfida è stata creare una cultura ecologica in un settore fortemente ancorato alle tradizioni del passato.

Lei rappresenta la seconda generazione della sua azienda familiare?

La Diasen è stata fondata nel 2000 da mio padre Floriano Mingarelli e io ne sono diventato amministratore nello stesso anno, con la prima assegnazione di deleghe nel 2002. Poi nel 2009, due anni dopo la sua scomparsa, sono diventato amministratore unico. Quindi sì, sono di seconda generazione, ma è anche vero che, quando ho dovuto prenderne il controllo, l’azienda era ancora in una fase iniziale e quindi mi considero un po’ una prima generazione e mezza [ride ndr].

Ma la vostra storia di famiglia imprenditoriale non è iniziata con la Diasen…

Il mio bisnonno fondò nel 1925 un’azienda di produzione di saponi che poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si è orientata verso il mondo della candeggina per lavanderie industriali. Nel 1978 mio padre ha creato la società Italsolventi: i solventi sono prodotti che tradizionalmente impattano molto sull’ambiente; per questo lui, fin dagli anni Ottanta, ha cercato di sviluppare soluzioni pionieristiche per un nuovo concetto di chimica green, come per esempio usare l’acqua come solvente. Dai risultati raggiunti in questa ricerca di prodotti sempre più ecosostenibili è nata infine la Diasen. Quindi siamo “chimici” da quattro generazioni, abbiamo trasformato diverse volte la nostra realtà aziendale e ogni generazione ci ha messo la propria identità.

Lei ha sempre lavorato nell’azienda di famiglia?

Sì, fin dai tempi dell’Italsolventi dove ho lavorato come operaio nelle pause estive dalla scuola e poi nella vendita di spazi pubblicitari. Negli anni dell’università sono entrato nel consiglio d’amministrazione e, dopo la laurea, sono stato catapultato a tempo pieno nell’azienda, occupandomi principalmente del settore commerciale, mentre mio padre si dedicava soprattutto a idee, ricerca e sviluppo.

Diego Mingarelli – Diasen

Qual è la cosa più importante che ha imparato prima di prendere le redini della Diasen?

Quella come operaio è stata una buona esperienza perché mi ha fatto capire subito alcune tecnologie produttive. Il lavoro nel settore pubblicitario invece mi ha aiutato a sviluppare quella capacità di relazionarmi con gli altri che, ancora oggi, è alla base del mio modo di dirigere l’azienda. Perché quando si riesce a mettere insieme, nel modo giusto, le persone nei progetti, si realizza sempre qualcosa di grande.

Nella sua esperienza di imprenditore qual è stato il momento più difficile?

Quando mio padre è mancato all’improvviso nel 2007, ancora giovane. In quel momento abbiamo perso il fondatore dell’azienda, la sua capacità innovativa e la sua genialità. Come se non bastasse, nel 2008 si è aperta una crisi profonda nell’edilizia italiana, che ha ridimensionato fortemente il mercato interno. In quella fase così difficile abbiamo dovuto ripensare l’azienda puntando sul mercato internazionale, ma mantenendo sempre un rapporto profondo con il nostro territorio.

E invece il momento di maggiore soddisfazione?

Sicuramente quando la nostra azienda ha cominciato ad affermarsi sui mercati internazionali e le nostre tecnologie hanno aiutato a realizzare alcuni progetti di architetti di fama mondiale. Progetti in città come Lisbona, Londra, Parigi, l’Avana, Roma, Seoul e Belgrado, frutto di grandi operazioni di intelligenza collettiva. Noi eravamo già molto innovativi, ma tutto questo ci ha fatto fare un salto ulteriore nel campo di un’edilizia sostenibile. Abbiamo anche ottenuto delle certificazioni prestigiose come quella di B-Corp nel 2017, basata sul rispetto di standard di trasparenza, responsabilità e sostenibilità, che abbiamo completato nel 2020 riconoscendo nel nostro statuto l’impegno di Società Benefit.

Quanti dipendenti ha la Diasen e qual è il suo fatturato annuale?

Abbiamo 40 dipendenti e il nostro fatturato nel 2021 è stato intorno agli 8 milioni di euro, ma siamo una realtà in crescita e contiamo di sfondare il muro della doppia cifra in tempi ragionevolmente brevi.

Ritiene che qualcosa possa essere migliorato? Quali sono gli obbiettivi più importanti per il futuro?

Vogliamo puntare sempre più alla salubrità degli edifici attraverso tecnologie di costruzione che siano sempre più rispettose dell’ambiente e attente al risparmio energetico, ma che migliorino anche il comfort e il benessere di chi ci vive. Questi per noi sono obbiettivi fondamentali, al pari della sicurezza sismica delle case e della resistenza al fuoco.

Che impatto ha avuto il Covid?

Il Covid ha cambiato un po’ la mentalità e il modo di vivere la casa. Quindi sicuramente questa cultura di cui siamo promotori si sposa appieno con il bisogno delle persone di godere al meglio la nuova centralità delle loro abitazioni. Stiamo cercando di diventare sempre più forti in questa rilettura degli spazi domestici. Possiamo ancora crescere molto a livello di tecnologie green che riteniamo decisive per il futuro.

La Diasen ha sedi decentrate?

Sì, abbiamo alcune sedi decentrate: una negli Stati Uniti d’America, una a Dubai e una in Portogallo. Sono uffici snelli, dei presidi tecnico-commerciali. Ma il grosso del personale si trova nella sede storica di Sassoferrato.

C’è un legame particolare con questi Paesi?

Vado particolarmente fiero dell’esperienza in Portogallo perché è il primo Paese produttore al mondo di sughero e proprio lì abbiamo vinto, nel 2015, il Premio Eccellenza nella Riabilitazione delle Costruzioni, che ha certificato la nostra capacità creativa di usare e trasformare questa materia prima così preziosa. Una bella soddisfazione per un’azienda italiana dell’entroterra delle Marche.

Puntate quindi molto sul sughero per i vostri prodotti dell’edilizia…

Il sughero è un materiale tipicamente mediterraneo, è riciclabile ed è rinnovabile perché la corteccia delle querce da cui si estrae si rigenera ogni 10 anni. Per questo lavorare il sughero significa anche mantenere e tutelare le sugherete da cui si ricava e questo impatta sui livelli di CO2 nell’ambiente diminuendone l’emissione. Tecnicamente il sughero ci permette invece di creare soluzioni che favoriscono il risparmio energetico e il benessere termico estivo e invernale.

Come azienda fate ricorso a strumenti di finanza innovativa? Avete messo in conto raggruppamenti e/o sinergie con altre imprese?

Noi quando possibile ricerchiamo sinergie. Finora hanno riguardato soprattutto la ricerca e sviluppo e l’espansione commerciale sui mercati esteri. Ma, in linea generale, siamo sempre molto aperti alle collaborazioni e alle partnership perché allargano gli orizzonti e moltiplicano l’efficienza del fare.

Ci sono altri parenti che lavorano nell’azienda oltre a lei?

No, non ci sono figure parentali inserite nella struttura, ma in una realtà come Diasen il rapporto di prossimità fra imprenditore e collaboratori ci fa somigliare molto a una famiglia allargata.

E per quanto riguarda il futuro?

Spero che i miei figli, che ora sono in tenera età, abbiano voglia di proseguire questa grande tradizione di famiglia che, nel 2025, taglierà il traguardo dei 100 anni.

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