É in fase di sviluppo la tipografia fondata nel 1935 da una sorta di Steve Jobs di Arezzo. Giunta alla quarta generazione, dopo un massiccio investimento in innovazione di processo e prodotto e il cambio dell’assetto societario, Grafiche Badiali sembra essere attrezzata per affrontare il futuro con maggiore entusiasmo. Nonostante la pandemia e la guerra in corso tra Russia e Ucraina.
“A nostro vantaggio – afferma Francesco Fumagalli, 38 anni, alla guida dell’impresa di famiglia con suo fratello Andrea, 35 anni – giocano la solidità dell’azienda, la storia e l’esperienza”.
Grafiche viene fondata da Donato Badiali che sistema la prima macchina da stampa in uno scantinato, dove si conservava la carta, all’epoca un bene rifugio e in cui, tra il ’43 e il ’44, si nascondevano famiglie intere per proteggersi dai bombardamenti su Arezzo. Il laboratorio si trovava sotto le famose Logge del Vasari, nella prestigiosa Piazza Grande. Lì si è passati dalla stampa tipografica con caratteri mobili, alla Linotype, madre delle più moderne fotocomposizioni.
Nei primi anni ’70, Vittorio Badiali, sempre attento ai cambiamenti tecnologici, fonda anche la Litostampa Sant’Agnese.
“Nella sede iniziale – continua Francesco – si sono succedute le prime macchine da stampa offset e le prime fotocomposizioni. Nel 1985, grazie all’incremento dell’attività, è stata costruita la nuova sede nella zona industriale di Arezzo, dove ancora oggi l’azienda opera. Da allora, con tecnologie sempre più moderne, Grafiche Badiali è diventata azienda leader del settore, in tutta la provincia aretina. E non solo per la lavorazione tradizionale con un colore per volta, offerta però da nuovi strumenti digitali che realizzano un prodotto di alta qualità, ma soprattutto per la consulenza che assicuriamo ai nostri clienti, risultato di ottantasette anni di esperienza. Non siamo, dunque, solo fornitori di cataloghi, libri, ma di un know how ed è questo il vero valore aggiunto che ci consente di fronteggiare i concorrenti non solo regionali, ma sparsi in tutta Italia”.
Nel 2011 i Fumagalli hanno deciso di dotarsi delle certificazioni ISO 9001 per la qualità dei processi aziendali ed FSC per il prodotto, prestando grande attenzione e sensibilità alla provenienza delle materie prime.
“Nel 2012 – aggiunge Francesco – abbiamo installato un impianto fotovoltaico da 70 Kw e un sistema aggiornato per la depurazione delle acque, con l’obiettivo di ridurre in modo progressivo l’impatto sull’ambiente dei nostri processi aziendali”.
Come è avvenuto il passaggio generazionale?
“E’ stato e lo è ancora oggi un percorso morbido perché programmato da mio padre. Io sono entrato come dipendente nel 2008, occupandomi del magazzino. Ho fatto un po’ di gavetta. Nel 2017 io e Andrea abbiamo avuto mansioni dirigenziali. A guidarci in questo cambio di ruolo, c’è stato un consulente di famiglia, aretino. Il primo gennaio del 2021 io e mio fratello siamo diventati soci. Papà ( classe 1955) e mamma (classe 1959) sono ancora presenti in azienda, ma a scartamento ridotto. Il primo mi aiuta nella consulenza e nel preparare i preventivi per i clienti. Mamma, invece, è in amministrazione. Anche il più piccolo dei fratelli, che ha 27 anni, è entrato in azienda di recente. Ne ho un altro, ma ha seguito la carriera accademica”.
Cosa le ha consigliato il consulente?
“Beh intanto abbiamo stabilito una separazione ben precisa dei ruoli. Io mi occupo di pubbliche relazioni e del settore commerciale, Andrea della produzione. Poi abbiamo istituito delle verifiche mensili per valutare l’andamento dell’azienda. Sembra una cosa scontata, ma non lo è per una realtà familiare come la nostra, che ha conosciuto solo le dritte quasi padronali prima di nonno, poi di mio padre. Oggi ognuno segue i settori che sente più nelle proprie corde”.
Grafiche Badiali Srl
Veniamo ai numeri dell’impresa che oggi si trova sul raccordo autostradale, ha una struttura a spigoli, facilmente riconoscibile di tre colori (nero, giallo e verde) ed è estesa per quattro mila metri quadrati su tre livelli. Dà lavoro a dodici dipendenti, esclusa la famiglia, fattura un milione e 900 mila euro l’anno. I clienti sono vari: piccole e medie imprese che operano in settori diversi, dal lusso, all’abbigliamento, all’arredo. Per citarne alcuni: il Gruppo Prada, il Gruppo Antinori, la filiera orafa di Unoaerre. Qualche commessa è arrivata anche da Dior.
“Un cliente che vorremmo avere? Un grosso brand dell’abbigliamento nazionale”.
Qualche volta Tipografie Badiali lavora anche con l’estero, anche se per il controllo della qualità del prodotto è fondamentale il rapporto continuo con il cliente.
I Fumagalli sono arrivati a gestire tirature importanti (si stima un consumo di circa 200 tonnellate di carta all’anno) e questo grazie all’alta tecnologia di cui si sono dotati, che permette la stampa tradizionale, ma con accorgimenti particolari.
“Senza scendere troppo nei dettagli tecnici ma con i recenti investimenti su inchiostrazione automatica, incisione delle lastre, controllo dell’impianto di illuminazione, molto utile per gli orafi, riusciamo sempre ad assecondare le richieste del cliente che, certo, paga un po’ di più, ma riceve un prodotto migliore. Non facciamo la guerra dei prezzi con le tipografie on line, concorrenti temibili, ma seguiamo il nostro cliente sin dal primo incontro. Da qualche mese possiamo garantire anche la gestione più veloce della prestampa grazie ad un nuovo software.”.
Di cosa avrebbe bisogno un’azienda come la vostra?
“Di un sistema più semplice di regole meno burocrazia, meno leggi fiscali e relative alla sicurezza. Il Governo deve agevolare chi fa impresa, non appesantirlo”.
I momenti bui dell’azienda?
“Di sicuro la crisi globale del 2008. Quella del distretto orafo di Arezzo dal 2008 al 2014 che ha spazzato via più di mille piccole realtà, la pandemia che ha ridotto il nostro fatturato del 25 per cento e ora la guerra, con i prezzi delle materie prime alle stelle. Certo, abbiamo retto bene perché l’azienda è solida, ma per raggiungere un certo equilibrio non dovremmo più rincorrere l’emergenza. Con lo scoppio della guerra Russia Ucraina, per esempio, qualche cliente che lavora con Mosca e che ci chiedeva 2000 cataloghi piuttosto lavorati, oggi ce ne chiede 200 semplici. La nostra fortuna è, ripeto, avere un’azienda solida, che ha saputo mettere a terra strategie di sviluppo al momento giusto”.
Se le dico finanza agevolata, cosa mi risponde?
“Che non siamo esposti con le banche. Lo ammetto, si tratta di strumenti che agevolano parecchio, ma che in questo momento non ci interessano. Penso, per esempio, al factoring digitale, per cui non devi avere a che fare con gli istituti bancari. Forse in futuro, ma adesso non ce ne serviamo”.
Dice che siete in fase di sviluppo.
“Sì, per questo stiamo cercando di allungare la filiera per accontentare di più i nostri clienti, ampliare la gamma dei prodotti, non solo scatole e shopper. Quindi cercheremo nuovi fornitori, guarderemo a nuovi mercati. E lavoreremo per promuovere meglio il brand. Fra tre anni pensiamo ad un restyling dell’immagine. Non solo, utilizzeremo meglio i social, in particolare Facebook, dove contiamo già un migliaio di iscritti”.
Quanto hanno pesato gli impatti fiscali e legali tipici del passaggio generazionale?
“Non molto perché come le dicevo la staffetta generazionale è stata programmata bene da papà. Sulle sue decisioni abbiamo trovato un accordo in famiglia. Anche se devo dire che in Italia, a differenza di quanto avviene all’estero, questi passaggi non sono mai indolori”.
Tra i suoi timori c’è quello di una discontinuità generazionale?
“No, mio fratello Andrea ha già avuto un figlio. Io penso di averne in futuro. Credo che si andrà avanti con un sistema di governance ben strutturato, ma che per lavorare al cento per cento deve trovare un minimo di equilibrio. E quindi lavorare senza emergenza, pandemia, guerre, costi di materie prime impazziti”.