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Bari: Centoventi anni per la casa editrice Laterza

“Mai tradito Croce. La quinta generazione è rosa”

di Cinzia Ficco

Gius. Laterza & Figli: più di centoventi anni. E tutti senza mai allontanarsi dall’impronta che subito le ha impresso  Benedetto Croce. Almeno a sentire Alessandro Laterza (1958), Amministratore Delegato della società fondata nel 1885 e casa editrice dal 1901.  

La storia dei primi passi della Laterza è quella di una famiglia meridionale di modeste condizioni, ma intraprendente.

Nel 1881, quattordicenne, il primo figlio di Giuseppe Laterza (1841-1914) e Maria Pugliese (1843-1886), Vito (1867-1935), lascia Putignano (in cui era nato) e va a fare apprendistato ad Alessandria d’Egitto, dove aiuta lo zio Eugenio, ebanista.

Nel 1882 Vito fa ritorno a Putignano. L’esperienza all’estero lo fa appassionare al commercio. Così nel 1885 il ragazzo decide di aprire un piccolo negozio di cartoleria e libri scolastici.

“La prima sede del negozio – spiega Alessandro, che ha studiato Lettere Classiche a Firenze e che nella casa editrice ha lavorato per quindici anni prima di diventare AD – è a Putignano, un comune nel Barese, poi a Taranto.

La piccola ditta individuale viene denominata ”Gius. Laterza & Figli”, sia perché Vito è minorenne e deve dunque riferirsi al padre, sia perché vuole coinvolgere gli altri quattro fratelli (Pasquale, Giovanni, Luigi, Francesco). A Taranto Vito chiama a collaborare con sé il fratello più piccolo, Francesco (1879-1928), di soli nove anni.

Il 6 ottobre 1889 lasciata Taranto, Vito apre la sede barese – restringendo l’attività alla sola cartoleria – perché il capoluogo pugliese gli appare più redditizio. Nel frattempo coinvolge anche Pasquale (1870-1953), che si occupa delle vendite al pubblico, mentre Francesco cura i rapporti con i clienti esterni.

Nel 1891 arriva Luigi (1875-1927), reduce da una esperienza a Napoli in una litotipografia. Quattro anni più tardi, si avvierà l’attività della Tipografia Laterza. L’ultimo ad aggiungersi, è Giovanni (1873-1943), che rientra da Milano, dove ha sposato Agostina Broggi, commessa alla libreria Vallardi. Insieme con la moglie Giovanni apre la Libreria Laterza nel 1896.

Come si arriva alla società?

All’inizio del ‘900, i cinque fratelli sono tutti impegnati in azienda: Vito – da cui discendo –  come titolare della firma sociale, Pasquale e Francesco in Cartoleria, Luigi in Tipografia, Giovanni nella libreria che poi diventerà casa editrice. E infatti nel 1901, la ditta individuale si trasforma in società in nome collettivo con tutti i fratelli Laterza e il padre, Giuseppe. Tale resterà fino al 1963 quando avverrà la trasformazione in società per azioni.

La fortuna per i Laterza e la loro attività è l’incontro con il filosofo, Croce, che avviene nel dicembre del 1901.

Esatto.  Giovanni Laterza agli inizi voleva inizialmente essere un editore di matrice locale. Capisce, però, che non sarebbe andato lontano e cerca un referente autorevole. La svolta avviene con Croce, che l’anno successivo invita Giovanni Laterza ad abbandonare il progetto di pubblicare opere letterarie, per assumere la fisionomia precisa di editore di roba grave: saggistica di storia, filosofia, critica letteraria, ecc. Croce dà un’apertura nazionale e internazionale, che altrimenti non sarebbe stata immaginabile per sconosciuti provinciali che si avvicinavano all’editoria. 

Continuità anche dopo la morte di Croce, nel 1952?

Sì. Da allora è stato sempre così. Nella casa editrice coesistono un forte radicamento sul territorio e un’apertura al mondo, come piaceva a lui. Ma la continuità si basa anche sulla capacità di introdurre cambiamenti. Nel 1949 la prima novità: con Franco Laterza (uno dei figli di Giovanni), entra Vito, il padre di mio cugino Giuseppe, che aveva studiato Filosofia a Firenze e introduce una nuova Collana – Libri nel tempo,  che si occupa di attualità politica, sociale, economica, costruendo una vasta rete di persone vicine alla casa editrice, da cui nascono nuovi contatti. Intorno al 1960 le innovazioni più importanti: si avvia la costruzione di una rete di ispettori per la promozione in libreria e nelle scuole, che verrà integrata con l’affidamento della distribuzione alle Messaggerie Italiane; viene aperta una sede a Roma per agevolare i contatti editoriali; si fonda a Bari una redazione strutturata. L’orizzonte crociano viene ampliato verso nuovi campi come l’urbanistica e l’architettura. Ma siamo sempre nel campo della roba grave e l’attenzione forte alla storia e alla filosofia è rimasta intatta.

Qual è stato il periodo più difficile?

Quello sotto il regime fascista e quello successivo alla seconda Guerra mondiale. Quando abbiamo dovuto sopportare censure, perquisizioni, arresti, prima. Quando si è trattato di ripartire in un Paese segnato dai danni e dalle perdite del conflitto e di vent’anni di regime, dopo.

Centoventi anni per la casa editrice Laterza

Alessandro Laterza, Amministratore Delegato della società e casa editrice 

Oggi quanti dipendenti ha la Laterza?

Cinquantasei tra gli uffici di Bari e Roma e la libreria di Bari.

Quanto fattura?

Tra casa editrice e libreria fatturiamo circa 15 milioni di euro l’anno.

Quanta ricchezza ha prodotto la Laterza a Bari?

Tutta la macchina aziendale compreso l’indotto di logistica e produzione, tutti i rapporti bancari sono incardinati a Bari. Ma l’ufficio romano è importantissimo per i rapporti editoriali e la comunicazione. La base barese è solida. Ma, come molti imprenditori baresi, da sempre ci muoviamo su una scala che non è solo locale.

I passaggi generazionali sono avvenuti senza scossoni?

Per me e mio cugino Giuseppe, quarta generazione in attività, nessuno scossone perché, prima di arrivare al vertice dell’azienda, ai posti di mio padre Paolo e di mio zio Vito, abbiamo lavorato a lungo e in diverse posizioni. Non siamo sbucati dal nulla. Spero sia lo stesso per Bianca, mia figlia, e Antonia, figlia di Giuseppe: una quinta generazione di donne.

Un autore che la Laterza ha scoperto e di cui è particolarmente orgoglioso?

Oh, che brutta domanda. Che faccio, ne nomino solo alcuni? E gli altri? Va bene, posso dire che negli anni ne abbiamo pubblicati tanti, tutti bravi. Se guardo a Bari, penso a Luciano Canfora, Franco Cassano, Mario Bretone. Se allargo lo sguardo, mi vengono in mente Alessandro Barbero, Stefano Mancuso, Andrea Marcolongo. Ma ripeto, ce ne sono stati tanti e tutti meriterebbero di essere menzionati.

Dopo “la grande paura” per l’avvento degli ebook, arriva la sfida delle presentazioni e promozioni di libri su Tik Tok. Vi state attrezzando?

Gli ebook non hanno prodotto alcuna significativa novità. Certo, hanno un prezzo differente, si trasportano e acquistano più facilmente, ma altre sostanziali differenze nell’operazione di lettura non ne vedo. Con l’avvento degli ebook abbiamo più che altro potenziato le opportunità per il catalogo e allungato la vita ad alcuni libri che sono richiesti, ma non hanno i numeri per una ristampa su carta. Dunque, un aspetto positivo. Quanto ai social, organizziamo incontri, presentazioni con Facebook e Instagram già da tempo. Ancora di più con la pandemia. Vedremo quale sarà l’assestamento nei prossimi anni.

Si è aperta a Bari la libreria leccese Liberrima. La teme?

L’apertura di una libreria è sempre un segnale positivo. Se l’attività avrà una forte impronta nella ristorazione, sarà una proposta con connotati molto specifici.

Ha mai pensato di lanciare in Puglia un festival della Letteratura come quello di Mantova?

No, proprio perché c’è già quello, a cui partecipiamo. In Puglia poi abbiamo già tanti eventi: a Polignano il Festival del Libro Possibile, a Conversano Lector in fabula, e poi  i Dialoghi di Trani. Siamo ovviamente fieri del successo delle nostre Lezioni di storia al Petruzzelli di Bari, un’esperienza che abbiamo portato con successo in molte città italiane.

Quanti libri pubblicate in un anno, tra quelli per la scuola, le novità e le riprese con i tascabili?

Nella saggistica Varia un centinaio di novità e una cinquantina di passaggi di collana- per esempio, in edizione economica. Poi una cinquantina di volumi tra Scolastica e opere varie.

Chi vorrebbe pubblicare, magari da strappare alla concorrenza?

Sarei contento se riuscissimo a mantenere gli autori di rilievo che abbiamo pubblicato e sono corteggiatissimi.

Come battete la concorrenza?

Mettiamo in campo la storia e la credibilità del marchio. E’ questo il nostro fattore competitivo.

Riesce ad intravedere il futuro del libro.

Gli anni 2020 e 2021 contro ogni aspettativa hanno avuto un andamento molto positivo. C’è però incertezza sul futuro. Il mercato ha fatto un balzo in avanti, ma non risultano aumentati i lettori. Non siamo in grado di prevedere se ci sarà una frenata post Covid. Da osservare anche la grande trasformazione degli ultimi anni: ormai circa il 45% dei libri di saggistica e narrativa si vende non più nelle librerie, ma attraverso le piattaforme di commercio elettronico. E’ un cambiamento che modifica molte regole del gioco.

Quanto le istituzioni locali coccolano una realtà storica come la Laterza?

Non siamo abituati alle coccole. Abbiamo ottimi rapporti con le istituzioni ma nessuna relazione privilegiata. Posso solo dire che da noi partì l’idea dei Presidi del libro, una rete di circoli di promozione della lettura,  che fu ben accolta nei primi anni Duemila dall’allora Presidente della Regione, Raffaele Fitto e che  ora, completamente autonoma,  opera ancora.

Il sogno di Alessandro e della casa editrice?

Che si possa continuare nel tempo, mantenendo la nostra fisionomia e innovando costantemente.

Il riconoscimento maggiore e un aneddoto?

Per i 100 anni della Casa editrice, nel 2001, è venuto a Bari il Presidente  Ciampi. Per l’inaugurazione di un nuovo allestimento della Libreria, nel 2006,  fu nostro ospite il Presidente Napolitano. Sono belli questi riconoscimenti da parte della massima autorità dello Stato e da uomini di quella levatura. Per l’aneddoto ricordo che nel 1938 Giovanni Laterza rispose al ministro della Cultura Popolare che, a seguito della legge razziale fascista, indagava sulla presenza di ebrei nell’attività della casa editrice: “I Laterza, oriundi di Putignano, non ricordano di aver sentito che genitori od avi avessero avuto altra fede che quella cattolica e altra razza se non quella tipica dei popoli pugliesi: forte, tenace e laboriosa”. Una gran bella risposta.

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