Un grande gruppo con vocazione internazionale, un modello da ricalcare per gli imprenditori di oggi. Visione e investimenti all’insegna di sostenibilità e tecnologia. Questi i pilastri della strategia di business di un’azienda familiare con radici molto solide e sguardo sempre al futuro. Noto soprattutto per il suo marchio Regina, Sofidel è leader mondiale nella produzione di carta ad uso igienico e domestico, oggi giunto alla terza generazione attraverso la vocazione imprenditoriale dei suoi giovani discendenti. Perché la vera impresa è sempre quella di crescere e guardare avanti. Con etica e valori.
Una fase storica difficile, che prospetta incertezza. Paradigmi economici mutati. Questa l’era post-Covid accompagnata dalla crisi russo-ucraina. I leader del domani devono subito fabbricare il loro futuro in funzione dell’oggi. La nuova normalità è bene che non sia solo prospera, ma soprattutto etica. I giovani imprenditori sono megafono di questo grande obbiettivo, per costruire un mondo imprenditoriale connesso a livello digitale, ambientale ed economico. Affrontiamo questi temi in un’intervista a Davide Giacomelli discendente di Sofidel S.p.A, 5^ produttore al mondo e 2^ in Europa di carta e rotoloni ad uso domestico e professionale, recentemente premiata tra le aziende più virtuose del centro Italia secondo Cerved.
Dietro a tanto lavoro anche una storia di famiglia.
Sofidel è stata fondata nel 1966 da due grandi amici: Edilio Stefani e Giuseppe Lazzareschi- mio nonno. Quest’ultimo produceva dapprima sacchetti per il pane, quelli beige piuttosto modesti che si usavano una volta. Poi, per spirito imprenditoriale e perché l’economia italiana stava andando bene decide di rischiare. Conosce Edi Stefani, operaio nel settore della carta che conosceva molto bene le macchine da produzione. Fondano così la prima cartiera che si chiamava Stefani- Lazzareschi e iniziano il loro percorso imprenditoriale.
E poi…
Alla fine degli anni ‘60 la produzione si trasferisce a Porcari (LU) per una serie di vantaggi logistici, incentivi fiscali, presenza di competenze tecnico-produttive specifiche e una falda ricca di ottima acqua; la cartiera ha bisogno di un impiego copioso di questa risorsa, seppur noi oggi siamo molto performanti: rispetto ai nostri competitors consumiamo 7l acqua/per kg di carta prodotta su una media di 15l. Finché nel ‘72, oltre alla vendita di bobine madri, si investe nella produzione del prodotto finito e viene costruita la prima cartotecnica. Inizia così una crescita esponenziale anche grazie all’esportazione del prodotto finito nei mercati della Francia e Germania. Nell’87 nasce il brand Regina con il lancio dei nuovi rotoloni e asciugoni. Nel ’93 viene a mancare mio nonno e subentra mio zio, Luigi Lazzareschi come AD del gruppo e con lui l’azienda diventa una multinazionale. A Porcari si trova ancora oggi il nostro head quarter.
Qualche numero su Sofidel.
Nel 2021 abbiamo chiuso molto bene il bilancio, tornando a colmare i livelli pre-Covid. Il 2020 è stato un anno particolare: ci sono stati picchi di domanda dovuti alle scorte da lockdown. Poi nonostante l’incisività dell’aumento dei prezzi delle materie prime, non proporzionali a quelli di vendita, abbiamo confermato l’andamento costante del nostro gruppo. Siamo sempre un’azienda in sviluppo, e nonostante il momento, i numeri promettono bene: 2 miliardi e 95 Mln/€ di fatturato, ottimo risultato grazie alle vendite rafforzate e strategie competitive in ottica di sostenibilità e digitalizzazione.
A livello di risorse umane?
Siamo a quota 6.700 dipendenti. Siamo un’azienda innovativa, ma anche conservatrice di valori interni e per questo investiamo sulle nostre risorse umane preoccupandoci con costanza della loro formazione. Abbiamo messo a disposizione per i dipendenti corsi per un totale di 72.500 ore. Oltre alla formazione interna, Sofidel investe in questa sfera anche all’esterno. Abbiamo attivato, in partnership con WWF Italia, un progetto gratuito rivolto a laureandi o neo-laureandi in materie scientifiche per la conservazione e gestione forestale.
Quali realtà compongono il Gruppo? Brand?
Sofidel è la capogruppo con 14 società controllate. Regina è il nostro marchio di punta, quello più conosciuto dai consumatori e sul quale abbiamo investito maggiormente per la sua valorizzazione a livello di marketing. Tutto questo lavoro di brand identity è stato fortemente voluto da mio zio, l’amministratore delegato Luigi Lazzareschi, pioniere negli studi in America dove ha conseguito un master negli anni ’80. Di ritorno in Italia con convinzione ha immesso nel mercato questo marchio, oggi tra i più apprezzati del settore. Recentemente abbiamo sviluppato anche un brand specifico per l’away from home: Papernet.
In quali mercati siete operativi?
Copriamo l’Europa a macchia di leopardo: Spagna, Belgio, Uk, Irlanda (dove abbiamo aperto una società dopo la Brexit) Germania, Polonia, Ungheria, Grecia e Svezia. In quest’ultima, entro il 2023, a Kisa installeremo un impianto di ultima generazione (Bio-syngas) rendendolo così il primo stabilimento del gruppo a impatto zero per consumi. Siamo presenti anche negli Stati Uniti, il più grande mercato al mondo per consumi pro-capite di tissue e sul quale puntiamo molto. Qui abbiamo investito circa 1 miliardo/€ in 4 anni e produciamo 340.000 tonnellate di bobine madri l’anno.
Il tuo percorso in azienda: dall’ingresso ad oggi.
Il mio ingresso in azienda è piuttosto recente, ho investito nella mia formazione in America, cercando di tornare a casa almeno due volte all’anno. Ho sempre avuto la vocazione e l’intenzione di entrare nell’azienda di famiglia. Tuttavia, non solo un fatalista: non mi piace fare cose convenzionali e per questo ho scelto di laurearmi in filosofia, oltre che in economia. Credo che una preparazione umanistica infonda skills che si rivelano preziose nel saper anticipare bisogni futuri.
Davide Giacomelli, discendente di Sofidel S.p.A.
Che ruolo ricoprivi all’inizio? E ora?
Sono entrato ad agosto del 2020 e ho fatto una induction serrata in tutte le varie aree per comprendere per filo e per segno i processi. E L’ho fatto proprio come se fossi un dipendente, anzi a me spettava farlo in modo più impegnativo: siamo una grande azienda e io rappresento il suo avvenire- il mio percorso è un dovere morale. Infatti, anche mio fratello Simone Giacomelli sta percorrendo la stessa strada. Al momento sto facendo “palestra” nel controllo di gestione, a livello anche di conoscenza di software e database visto che puntiamo a migliorarci in digitalizzazione.
Qual è la ricetta per la sopravvivenza del Family Business?
Nel nostro caso non siamo una, ma ben due famiglie che devono coesistere insieme e lavorare in armonia. Quindi, per il successo di questo equilibrio, gli aspetti più importanti da trasmettere sono: trasparenza, fiducia e collaborazione. Questa è una realtà avviata, una macchina ultra- funzionante ma ugualmente, ogni giorno, ognuno di noi impara da qualcun altro qualcosa di nuovo. È necessario un confronto costante e tutti devono mantenere una mentalità flessibile e aperta, anche verso altre culture a abitudini che si riflettono nel lavoro. Lavoriamo in diversi paesi, con altrettanti manager e collaboratori di varie nazionalità e dobbiamo essere rivolti all’apprendimento e all’integrazione.
Trattandosi di un’azienda a vocazione internazionale, in generale, pensi che le aziende italiane (rispetto a modello USA) siano orientate al cambiamento o ancora troppo conservatrici?
Nell’arco di questi 56 anni di attività, abbiamo avuto momenti di crisi- certo, chi non li ha avuti. Non siamo certo esenti dal dover fronteggiare le difficoltà che la sfera imprenditoriale implica. Tuttavia, non abbiamo mai pensato di vendere. I problemi si affrontano attraverso le armi del cambiamento e dell’innovazione. Un Family Business per essere mantenuto va anche rigenerato. Questo non significa accantonare attaccamento e dedizione, anzi significa volerli conservare. Nel nostro caso, abbiamo la fortuna che mio zio è una persona estremamente lungimirante e sa anticipare ciò che avverrà da qui a 5 anni. E la sfida è sempre quella di voler guardare avanti.
Sostenibilità: ambientale, ma anche economica e sociale. Come si pone Sofidel verso questo ampio tema?
La sostenibilità di Sofidel è sempre stata una delle sue carte vincenti. Oggi giorno il consumatore è maggiormente interessato a capire i meccanismi che ruotano dietro al prodotto, più che il prodotto stesso. I nostri risultati positivi li dobbiamo, quindi, anche alla nostra attenzione verso l’ambiente che trasmettiamo nei nostri valori. Investiremo altri 500 Mln/€ in energia rinnovabile. Abbiamo già installato pannelli foto-voltaici qui a Porcari e in una delle nostre centrali in Francia, anche se dobbiamo fare sicuramente di più. Ma il nostro impegno non si traduce sono in termini green. Siamo sostenibili perché ci impegniamo su più fronti per essere un’impresa responsabile, in grado di garantire benessere a tutti i suoi interlocutori. Non si può fare una buona azienda, senza salubrità: già a partire dagli ambienti interni di lavoro per poi irradiarla all’esterno. Siamo consapevoli che da soli si fa poco e i risultati li dobbiamo a chiunque si interfacci con la nostra realtà, per cui è giusto pensare prima di tutto agli altri.
Un’azienda con solide radici e performance eccellenti. Ma è stato sempre tutto facile?
Di facile non c’è mai nulla. I rischi che può incontrare un’azienda possono essere dovuti ad una contrazione per overload di investimenti o, come in questa fase storica, per rincaro delle materie prime funzionali alla produzione. Detto questo, è impensabile creare valore senza investire. Ciò che conta è che siano rischi ben ponderati e mirati-per noi all’insegna di sostenibilità e tecnologia. Le sfide sono all’ordine del giorno, non da ultima quella che stiamo intraprendendo sull’abbattimento di consumi. Abbiamo ridotto le emissioni di CO2 del 17,9% (carbon intensity) e del 50% di plastica convenzionale nella produzione. Detto questo, c’è ancora molta implementazione da fare in digitalizzazione e big data.
Le tue ambizioni future come giovane imprenditore?
Le mie energie al momento sono tutte concentrate qui. Sono da poco all’interno dell’azienda di famiglia ed è giusto che mi spenda per massimizzare i profitti. Noi siamo un’azienda capital intensive, nel senso che sono necessari molti capitali per sostenere la produzione. I miei prossimi obbiettivi sono rivolti a rendere Sofidel più tecnologica che manifatturiera. Non credo che nel breve termine mi lancerò nella nascita di qualche start-up, piuttosto vedo più adatto a me il capital venture. Sto trovando le mie soddisfazioni nel mercato finanziario e potrei concentrarmi più su questo.