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I SALOTTI DI FAMILY BIZ

La Governance proprietaria, aziendale e familiare nei family business   

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Il passaggio di testimone

La particolarità di Dife SpA

di Sofia Tarana

Tra le grandi risorse che detiene l’Italia, una di queste è il suo tessuto produttivo: in prevalenza di carattere familiare. Ma Family Business e ricambio generazionale prima o poi dovranno fare i conti l’uno con l’altro; dove business e affetti rappresentano due aree di sovrapposizione ad alto tasso di rischio. Il passaggio di testimone non è un evento, ma un processo da affrontare con preparazione e formazione, durante il quale l’atteggiamento e l’interesse dei discendenti risulta cruciale per il proseguimento dell’azienda.

Stando ai dati dell’Osservatorio AUB (Aidaf, Unicredit, Bocconi), i leader sotto ai 40 anni hanno un impatto positivo su crescita e redditività delle imprese- il contrario avviene, invece, per quelli al di sopra dei 70 anni. Tuttavia, occorre un ricambio più tempestivo: perché nell’ultimo decennio la percentuale di questi ultimi è salita dal 17% al 28%. Le nuove generazioni devono essere messe in campo con responsabilità oggettive e valutate per capacità- non solo per appartenenza dinastica- con volontà di delega dei senior verso i junior.

Tocchiamo i temi con Lorenzo Romani di Dife Spa – azienda familiare della provincia di Pistoia, specializzata in gestione e smaltimento rifiuti. Un caso molto particolare di passaggio, con un cambio di testimone effettivo dalla prima alla terza generazione: «Mia madre è entrata in azienda un anno dopo mio nonno; prima non si poteva parlare di vero ricambio- ora sì».

In breve, per contestualizzare ai lettori, come nasce la vostra azienda?

La Dife nasce nel 1978, 44 anni fa, dall’idea di mio nonno e un suo cugino. Ai tempi loro raccoglievano la paglia e la portavano nelle cartiere. Era l’inizio, il primo passo verso la green economy. Finché un altro membro della famiglia gli suggerisce che, nelle aziende, stava andando per la maggiore l’acquisto di carta. Così mio nonno decide di buttarsi sul quel settore e apre un’azienda specializzata nel recupero e riciclo di carta. A seguire sono entrati subito nell’attività anche mia madre e mio zio, occupandosi al 100% diversificando su tutti rifiuti. Il primo stabilimento fu avviato a Montemurlo, per poi spostarsi negli anni ’90 a Montale (dove conserviamo ancora una sede si stoccaggio di rifiuti pericolosi) fino ad acquistare nel 2002 l’attuale stabilimento di Serravalle- dove ci siamo irradiati con ben tre impianti.

Un quadro su Dife…

Al momento abbiamo un’operatività che si attesta sui 90 dipendenti– è già da qualche anno che siamo stabili su questa cifra, anche se ci sarebbe sempre più bisogno di manodopera perché il lavoro comporta in sé complicazioni e occorre perfezionare la produzione attraverso le giuste figure per continuare a crescere. Il nostro core- business è rivolto a tutte le aziende che fanno produzione (nel tessile, nella nautica, nell’edilizia, nell’alimentare) – la nostra forza è quella di occuparci di gestione e smaltimento rifiuti in tanti e disparati settori, siamo trasversali. Al 2021 il nostro fatturato è pari a 28 Mln di euro. Rientra nella nostra visione la scelta di attenerci sempre alle normative, crediamo nel fare le cose fatte bene nel rispetto di regole e persone.

Quando e come entri in azienda?

Sono entrato in azienda nel 2016, dopo essermi laureato in Scienze dei Servizi Giuridici. Ho cominciato stando alcuni mesi in magazzino, altri in accettazione (parte di impianto dove arrivano i camion con la merce per scaricare rifiuti). Sono stato per un periodo nella logistica, dove organizziamo le tratte per gli automezzi e contatto con i clienti. Mia madre voleva delegarmi anche alla sicurezza, ma ho declinato. Ora curo il pacchetto clienti in qualità di addetto commerciale, questo il ruolo con il quale mi presento- preferisco tenere un profilo basso, è una caratteristica mia ma anche di famiglia, come imprinting non amiamo esporci troppo. Parlare di marketing nel settore rifiuti è un po’ forzato, è sempre stato indietro nell’esporre i suoi progetti e il suo business- se ne sta parlando ora un po’ di più con il PNRR ed economia circolare.

Mi descrivi la tua esperienza in Confindustria come giovane imprenditore?

Sono iscritto da tanto tra i GIC, pur non ricoprendo un ruolo. Ma seguo la Confindustria e, proprio ora durante l’intervista, sto andando ad una visita aziendale. Prima facevo più fatica a frequentarla perché dovevo comprendere il mio settore che è molto complesso. Ora riesco a conciliare di più gli impegni e partecipare ai vari consigli direttivi ed iniziative: mi piace lo scambio di visione con gli altri ragazzi. Questo ambiente mi hai insegnato soprattutto a conoscere problematiche in altre realtà e trasferirle, al bisogno, anche sulla mia situazione. Sicuramente è un organismo che se lo interpreti nel modo giusto di porta conoscenze utili a livello personale e aziendale. Più che altro, la Confindustria va capita: potrebbero migliorare la loro esposizione verso i partecipanti per far comprendere la sua preziosa utilità. Alcuni miei coetanei sono frenati a partecipare proprio perché non capiscono come mettere a frutto questo contesto.

Quali sono i cambiamenti che si sono verificati nel vostro settore?

Ci sono stati notevoli cambiamenti, soprattutto a livello normativo- di anno in anno c’è una continua evoluzione. Il nostro è un settore molto ministeriale. Ora, con il discorso della sostenibilità ed economia circolare, è un comparto sotto gli occhi di tutti. Noi ci siamo dentro in questo mestiere e cerchiamo ogni volta di perfezionare i nostri processi produttivi e cercare maggiormente di reimmettere sul mercato, come materia prima, parti di rifiuto. Stiamo lavorando anche all’efficientamento energetico attraverso fonti sempre più sostenibili- sono processi lunghi ma cerchiamo di investire in questo per avere un plus in più, in fatto di processo produttivo e anche di immagine, rispetto ai concorrenti.

Parliamo del passaggio generazionale in Dife.

La mia è una terza generazione “un po’ bugiarda” (sarebbe la seconda), perché mia madre è entrata in azienda un anno dopo mio nonno; prima non si poteva parlare di vero ricambio- ora sì. Io rappresento il primo e concreto passaggio di testimone, spero seguirà anche quello di fratelli e cugini se vorranno entrare in azienda. Quando mia madre ha iniziato, non è trascorso un lasso temporale consistente dalla fondazione di mio nonno- erano in pochi, l’azienda era piccola, con poche logiche. Idem quando è entrato mio zio subito dopo; ai tempi Dife lavorava ancora solo sulla carta poi ha virato su tutti i rifiuti facendo il salto. L’impresa si è sviluppata senza un passaggio di consegne da una persona ad un’altra ed è stata più che altro una crescita simultanea che un ricambio, che invece c’è ora con i leader senior che hanno una sessantina di anni. Non è facile inserirsi come discendente: c’è un sistema di managment forte, con responsabili che si occupano di prendere decisioni che non competono alla famiglia che governa l’azienda.

Come suddividete i ruoli in azienda?

Le decisioni importante le condividiamo all’interno del CDA con tutti i membri della famiglia. Mio zio segue tutte la parte commerciale; mia madre l’aspetto delle risorse umane e tutte le decisioni di governance; mio padre che è presidente e commercialista ricopre tutta la parte contrattualistica e per quanto concerne gare di appalto. Queste sono le tre figure cardine dell’azienda: clientela, risorse umane e parte legale-finanziaria. Per quanto riguarda me è ancora troppo presto per rientrare in questo forum, anche se a breve sarà il momento anche delle mie responsabilità. Al momento, mi limito a sapere il grado di importanza che hanno i familiari rispetto a me e non mancargli di rispetto. Questo me l’ha impartito lo sport di squadra (giocavo a calcio): rispetto dell’allenatore e compagni più grandi. Se non parti da una posizione 1 genitore e 0 figlio, stai sbagliando. Sei tu, discendente, che devi portare il genitore (capo) verso la tua posizione ed essere consapevole che parti da un gradino sotto.

Quali sfide ti prefiggi come nuova generazione?

Bisogna intanto cominciare ad evolversi dal punto di vista digitale e lo stiamo già facendo- anche se il nostro è un lavoro che non richiede troppo intervento informatico perché è composto in gran parte da un’attività manuale. Fino al Covid non c’era questa esigenza- normativamente il nostro lavoro gira su carta. Ora la novità che devo apportare è questa ed importante, perché si tratta di riscrivere tutta l’impostazione e l’infrastruttura informatica dell’azienda. É una sfida ambiziosa anche perché non l’abbiamo mai affrontata e spetteranno a me oneri ed onori, ma con l’ausilio dei partner efficaci si può sicuramente affrontare. Sarà un vero e proprio cambio di mentalità; evolversi sotto aspetti di commerciali non è facile ma si tratta pur sempre di business, ma un cambio organizzativo (come la digitalizzazione) è sicuramente più complesso- sono però fiducioso.

A cosa punti per il futuro?

Attualmente mi voglio concentrare solo sull’azienda perché è impegnativo per me, a livello di energie e tempo, dedicarmi a fare bene qualcosa aldilà di questa. Lavoro in un’attività normativamente complessa, molto più che organizzativamente. C’è tantissimo da fare in Dife e la vecchia guardia ha bisogno anche di persone di famiglia in grado di assumersi incarichi e decisioni. Noi non siamo una multinazionale, restiamo nella nostra umiltà cercando di fare sempre meglio giorno dopo giorno- senza dimenticarci da dove siamo partiti. Avere visione e guardare avanti è fondamentale, ma bisogna anche mantenere i piedi per terra. L’imprenditore deve sapere dove puoi arrivare, ma anche conoscere i suoi limiti: se sbagli, non te rigiochi.

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