lunedì, Dicembre 2, 2024

I SALOTTI DI FAMILY BIZ

La Governance proprietaria, aziendale e familiare nei family business   

2025 - Milano - Bologna 

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Adottare una leadership partecipata per il proprio family business

Il caso Inalpi SpA

di Sara Colonna

Inalpi Spa è un family business operante nel settore lattiero-caseario. Fondato nel 1966 a Moretta di Cuneo, oggi conta 3 stabilimenti, 250 dipendenti e 250 Mln/€ di fatturato- stando ai dati più recenti. Attualmente la leadership è in mano ad Ambrogio Invernizzi che, adottando un modello partecipato e condiviso con tutta la famiglia, guida la propria azienda verso l’innovazione senza abbandonare quella tradizione che ha segnato un percorso virtuoso di oltre mezzo secolo. Qui a colloquio con il Presidente che tra le sue principali sfide include anche l’impostazione di una governance complessiva per tutte le attività: «uno strumento che per le imprese familiari rappresenta un’importante leva di efficienza organizzativa»

Inalpi è cresciuta nel tempo raggiungendo risultati sempre più significativi. Come si è sviluppato il percorso?

A partire dagli anni ’90 lo stabilimento si amplia affiancando alle produzioni di burro e formaggi quelle del formaggio fuso a fette, e poi quelle dei formaggini. Nel 2010 Inalpi fa l’investimento più importante della sua storia: inaugurò il primo e tutt’ora unico impianto per la produzione di latte in polvere italiano. Nel 2017 ha rilevato un caseificio a Peveragno in joint venture con una cooperativa di produttori latte. Con i suoi 250 dipendenti, 400 conferitori, 500 tonnellate di latte/ trasformato al giorno e i 17.000 controlli di analisi al mese, Inalpi oggi è una realtà importante sul mercato, conosciuta anche all’estero e in grado di valorizzare il territorio dove è situata.

Quali sono i punti di forza del vostro brand?

Come ho detto, il legame con il territorio è certamente un punto di forza e di riproducibilità del nostro brand. Tutte le stalle dove viene raccolto il latte sono situate tra le provincie di Cuneo e Torino in un raggio di soli 50 km. Trasformiamo esclusivamente latte proveniente dal Piemonte- primo ingrediente essenziale che permette all’azienda di ottenere prodotti di alta qualità sulla base di un protocollo di filiera costituito da 8 pilastri, che determinano tutti gli aspetti del ciclo di trasformazione e conferimento. Con l’inserimento dei formaggi D.O.P Piemontesi Inalpi ha rafforzato la sua mission aziendale: valorizzare il latte Piemontese. In quest’ottica si inserisce la collaborazione con Gianpiero Vivalda, chef del ristorante due stelle Michelin Antica Corona Reale a Cervere (CN). 

Quali sono gli strumenti che utilizzate per sostenere il marchio?

La nostra strategia tiene conto di tutta la filiera e utilizza strumenti utili per tutti gli stakeholders coinvolti. A monte della filiera, quindi lato fornitori, Inalpi ha elaborato (insieme all’Università di Piacenza e Coldiretti Piemonte) il primo ed unico indice esistente per remunerare in modo equo e sostenibile il prezzo del latte alla stalla, risarcendo i costi sostenuti dall’allevatore per produrre il latte garantendogli così un giusto guadagno. A valle, lato consumatori, possiamo vantare un progetto unico in Europa, una tracciabilità del prodotto a totale disposizione dei clienti. Il consumatore può comodamente accedere ad una mappa multimediale, disponibile sul sito aziendale, che consente di tracciare l’intera filiera casearia a partire dal prodotto che sta consumando.

 

Quali sono i fattori critici di successo per fare crescita?
 

Innanzitutto, la qualità dei prodotti a cui si unisce la capacità di innovare. E se vuoi innovare devi essere disponibile a investire in ricerca. La nostra ambizione è guadagnare quote di mercato a livello globale definendo gli approcci specifici per ogni paese e per ogni canale.

 

Torniamo all’innovazione. Come si concilia con la tradizione per proiettare un’azienda familiare nel futuro senza perderne le radici? 

L’integrazione deve avvenire in modo naturale tenendo ben presente due parole chiave: equilibrio e trasparenza. Sono necessarie per mediare tra tradizione e innovazione e per farlo in modo coeso e condiviso. Ma serve anche empatia, la capacità di cogliere le diverse sensibilità laddove spesso, dal punto di vista manageriale, si dà più peso ai numeri. A monte ci deve essere una visione diversa della figura dal presidente: non è l’apice di una piramide, ma un abilitatore che coordina le varie funzioni di una impresa. Questa idea di leadership si può tramandare di generazione in generazione e di padre in figlio, ma bisogna poi saperla applicare.

 

Qual è la motivazione che l’ha portata ad applicarla?

Le aziende sono organizzazioni complesse, ma sono fatte di persone in carne e ossa. Sono convinto che la relazione umana valga quanto gli obiettivi di business.

 

Che tipo di presidenza è la sua?

Condivisa e partecipata. Il passaggio si è articolato senza traumi perché è stato guidato dal dialogo.  Nella nostra famiglia, posso affermare serenamente, non c’è mai stata una competizione e mio padre ha avuto la lungimiranza di gestire il passaggio usando grandi dosi di dialogo per spiegare quali sarebbero state le future competenze necessarie. Ci ha preparato alla successione creando un rapporto fiduciario che alla fine ci ha responsabilizzato. Ad ogni incarico è associata una responsabilità e sono convinto che la leadership non è potere, ma è prendersi cura delle persone che di te si fidano e che a te si affidano. Mi piacerebbe ci fosse una sorta di giuramento di Ippocrate anche per il mondo imprenditoriale perché è importante legare il nostro agire quotidiano a un codice etico più elevato che definisca l’operato degli imprenditori, mettendo in evidenza che il profitto non è tutto e non è neanche l’elemento più importante, oggi le aziende dovrebbero sapere che è fondamentale la capacità di avere un impatto positivo nella comunità in cui operano. È su questo tavolo che si giocherà la partita di lungo periodo.

 

E la sfida più importante?

Evoluzione sui mercati esteri, dotazione di un piano finanziario robusto di medio lungo termine per tutta la struttura, governance complessiva di tutte le attività, supporto alla transizione generazionale. Sono queste le sfide che ho abbracciato e che mi sento di portare avanti nel futuro da quando ho accettato l’incarico.

 

E Il passaggio delicato è la governance…pensa che essa vada disegnata come un abito sartoriale su misura? Se si quali sono le criticità? 

Vediamo dei rischi nella eccessiva burocratizzazione che frena la corsa delle imprese. Darei più spazio al sistema di autocertificazione per snellire le procedure come avviene già in molti paesi europei. Si tratta di uno strumento che per le imprese familiari rappresenta un’ importante leva di efficienza organizzativa. L’inefficienza crea perdite di competitività e di valore.  La creazione di valore deve essere la priorità per restare competitivi.

 

L’ agenda del leader deve includere fra le sue priorità anche la creazione di un ambiente collaborativo nell’organizzazione aziendale?

Ogni leader sa che le situazioni di collaborazione sono un gioco cosiddetto win-win, ovvero vincenti per tutti, rispetto alle situazioni di competizione. Detto ciò, mettere al centro di una impresa profit le persone è una filosofia nativa della nostra famiglia: gli individui lavorano meglio se sono motivati.  Perciò il leader deve tenere conto di un discorso generale che coinvolge gli stakeholders e l’ambiente dove l’azienda opera, dal momento che anche le condizioni esterne possono agire come facilitatori della positiva riuscita del passaggio generazionale e del business. Siamo consapevoli di essere un’entità economica e sociale. Il leader di oggi deve capire che il modello di economia estrattiva è superato e in questo l’elemento generazionale segnerà una svolta decisiva: è pronta una nuova classe dirigente che sta accelerando il processo di innovazione trasferendo tale nuova consapevolezza nei modelli organizzativi.

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