Da oltre cinquant’anni Compreur Srl si occupa di cura, pulizia e igiene degli ambienti. Oggi conta 19 dipendenti nella sede di Zola Predosa, alle porte di Bologna, 21 commerciali che operano nell’area dell’Emilia Romagna e un fatturato che nel 2022 dovrebbe arrivare agli 8,8 milioni di euro. L’azienda è stata fondata nel 1968, ma Graziano Roma, attuale presidente, la guida dal 1993, quando lasciò il suo lavoro da dipendente per entrare in azienda come socio. «Ero capo area alla Johnson Wax e seguivo Compreur come fornitore ̶ racconta Roma. ̶ Quando si sono rese disponibili delle quote, ho lasciato il mio posto sicuro e sono entrato in azienda come socio: c’erano problemi di liquidità, io lavoravo già nel mondo della detergenza, ho cercato di dare impulso a una realtà che conoscevo e che era in difficoltà. Avevo una quota minoritaria, ma da subito sono stato alla guida dell’azienda. La struttura societaria è rimasta la stessa fino al 2001, quando è nata la nuova Compreur».
Come è cambiata l’azienda nel 2001?
Abbiamo creato una nuova struttura, che è quella attuale, con tre soci alla pari: ci siamo divisi equamente sia le quote societarie, sia l’operatività. Tuttora io mi occupo soprattutto della gestione aziendale e gli altri due soci della parte commerciale. Il vero salto di qualità è stato prima l’ingresso, tra il 2001 e il 2002, in un grande gruppo nazionale del settore, la società consortile Masterteam, e poi la creazione di We Italia, il più grande gruppo italiano del mondo cleaning, che riunisce 35 aziende con oltre 200 milioni di fatturato complessivo. A sua volta, We Italia fa parte di DHYS, una rete di imprese del settore presenti in tutta l’Europa. Sono presidente di We Italia e faccio parte del consiglio di amministrazione di DHYS.
Che cosa ha significato per un’impresa come Compreur entrare a far parte di realtà dimensioni nazionali e internazionali?
Per noi è stata una svolta: all’epoca l’azienda aveva un fatturato di circa 3 milioni di euro e cominciava a essere difficile occuparsi di tutti gli aspetti della gestione aziendale. Per me ha significato poter delegare alcuni, ma anche scoprire nuove potenzialità, attivare scambi e confronti, vedere le altre imprese non come rivali, ma come possibili partner. L’idea iniziale di We Italia era quella di creare una centrale di acquisto per ottenere dei vantaggi economici, ma ci sono molte altre opportunità, come poter seguire clienti a livello nazionale, creare gruppi di lavoro con finalità commerciali, centralizzare in parte la formazione, creare prodotti a marchio nostro o altri servizi condivisi.
Quali difficoltà avete incontrato nell’attuare questo cambiamento epocale per l’azienda e come le avete risolte?
Per far crescere l’azienda abbiamo dovuto affrontare un’evoluzione: quando capisci che non puoi più essere il riferimento quotidiano di tutta la gestione, devi imparare a delegare. Ci siamo resi conto che le persone da formare eravamo noi soci e nel 2005-2006 abbiamo cominciato un percorso formativo attraverso Masterteam, per le aziende del gruppo. La formazione è durata alcuni anni, all’inizio in piccoli gruppi di imprese, poi personalizzata e svolta in azienda da noi a cadenze fisse, con la verifica dei risultati ogni 3-4 mesi. È stato un lavoro molto importante, che ci ha costretto ad alzare la testa dal quotidiano che spesso intasa il tempo di tutti noi. In questi vent’anni abbiamo anche cambiato sede tre volte e ogni trasloco è coinciso con lo sviluppo dell’azienda, perché in spazi più grandi si lavora meglio. Ora l’ultima sfida è quella di inserire dei capi area per i 21 venditori, che per un’azienda ancora piccola come la nostra è una forma di delega importante. Abbiamo promosso alcuni commerciali a un ruolo più gestionale.
Operate nel mondo della pulizia e dell’igiene: come avete vissuto il periodo della pandemia?
È stato caotico, ma commercialmente ne siamo usciti indenni e siamo cresciuti un po’ anche senza buttarci solo sui prodotti igienizzanti. Bisogna tenere presente che il 60% del nostro fatturato viene dal settore della ristorazione e del catering, attività che sono rimaste chiuse per lunghi periodi, e abbiamo reagito cercando nuove opportunità nel mondo dell’industria. È stato molto importante avere una forza vendita ben organizzata, in grado di trovare nuovi clienti. All’inizio del 2021 c’è stato il problema della scarsa liquidità, che ha afflitto soprattutto le piccole e medie aziende: avere un’impostazione da multinazionale ci ha aiutato a lavorare con i fornitori e le banche. Nel 2021 abbiamo registrato una crescita contenuta, con un fatturato di 7,8 milioni di euro, e dovremmo chiudere il 2022 intorno agli 8,8 milioni di euro. La nostra lotta quest’anno è tenere d’occhio le marginalità: le materie prime sono aumentate oltre il 35-40% ed è un momento difficile per i piccoli imprenditori.
Quali sono le strategie che vi hanno aiutato finora nella crescita?
La nostra strategia di sviluppo negli ultimi anni è stata quella di acquisire altre aziende sul territorio. Alcune molto piccole, che erano in gravi difficoltà, sono state inglobate in Compreur; l’ultima acquisizione avvenuta l’estate scorsa, invece, ha riguardato un’impresa più grande, la Pelloni, da 2,6 milioni di euro di fatturato, che non abbiamo incorporato, ma della quale abbiamo rilevato il 100% delle quote. È un’azienda che opera non solo nel cleaning, ma anche in altri settori come l’anti infortunistica, i gadget, i prodotti personalizzati per il mondo horeca, cosa che ci permette di ampliare la nostra offerta. Nelle nostre strategie assumerà sempre maggiore importanza We Italia: stiamo creando una forza vendita nazionale composta da Regional Key Account, forniti dalle aziende socie, per seguire una clientela a carattere pluriregionale, che si sta sviluppando molto. All’interno della rete europea DHYS stiamo lavorando per sinergie sui nostri fornitori, sulla parte commerciale per la clientela internazionale, sulle importazioni.
In questi progetti di sviluppo c’è già spazio per una seconda generazione?
Io ho 61 anni, i miei soci 56 e 48, saremo ancora operativi per parecchio tempo. Uno dei miei figli ha 24 anni e sta facendo la gavetta in azienda come commerciale, l’ho affidato ai partner per evitare difficoltà; i figli degli altri soci sono in buona parte più giovani e ancora impegnati negli studi, per ora è presto per parlare del loro futuro. Abbiamo creato una struttura professionale e ci sono molte figure all’interno che potrebbero portare avanti l’azienda, ma non abbiamo ancora l’esigenza di azoni reali in questa direzione. Il nostro successo si basa molto sull’affiatamento tra noi tre soci, lavoriamo insieme da più di 20 anni e abbiamo affrontato momenti anche molto difficili, ma siamo orgogliosi di essere riusciti a portare avanti la società. L’affiatamento si può favorire, ma non si può tramandare.
Come vorrebbe vedere crescere la vostra azienda nel prossimo futuro?
Vorrei che continuasse il processo che sta seguendo negli ultimi 2-3 anni, con uno sviluppo non solo di fatturato, ma di organizzazione: dobbiamo crescere abbastanza dal punto di vista commerciale da poterci permettere una struttura interna con ruoli più definiti. Quando abbiamo iniziato, chi lavorava in azienda doveva saper far tutto: noi soci ci occupavamo del magazzino, delle consegne, dell’assistenza tecnica, dell’amministrazione, facendo da soli anche i traslochi per risparmiare. Poi siamo cresciuti e ci siamo evoluti, abbiamo fatto formazione e definito i ruoli; mi auguro per i prossimi anni di poter avere dei responsabili interni di settore. Vorrei far crescere i nostri collaboratori in questi ruoli e migliorare la qualità della vita di chi lavora in azienda. Uno dei nostri fattori vincenti è l’impegno che abbiamo sempre messo nei rapporti con le persone che lavorano con noi: questo ci espone a volte a coinvolgimenti personali, ma alle dimensioni attuali si può ancora fare. Con questa struttura, lasceremo ai nostri eredi un’azienda ben organizzata, oppure, se non continueranno, un’azienda vendibile con prospettive certe per chiunque dovesse subentrare.