martedì, Ottobre 7, 2025

Una continuità in trasformazione nell’azienda di famiglia

Il caso Campomarzio70 Srl

by Sara Colonna

Fondata nel 1926 nel cuore di Roma e grazie a quattro generazioni della famiglia Di Lellio, Campomarzio70 è oggi una delle realtà più riconosciute nel mondo della profumeria artistica. Ma dietro al successo del marchio c’è una storia di visione imprenditoriale, passione familiare e passaggio generazionale consapevole. Abbiamo intervistato Valentino Di Liello, Founder e CEO, protagonista del cambio di testimone all’interno dell’azienda di famiglia, per farci raccontare come si costruisce la continuità in una realtà che ha saputo innovare senza mai perdere le proprie radici. L’ attuale costellazione vede impegnati Gianni e Roberta, Owner, Valentino, Founder e CEO, Fabrizio, Direttore Retail e Co-Founder, e Maria, International Business Development e Co-Founder.

Ci racconti la storia di Campomarzio70? Come è nata e come si è evoluta nel tempo?

Il marchio Campomarzio70 nasce a Roma nel 2004 come una piccola realtà legata al mondo della profumeria artistica. In un momento di forte cambiamento, quando la profumeria era ancora molto legata al concetto classico di boutique e ai marchi commerciali, con Campomarzio70 abbiamo sentito l’esigenza di andare oltre, trasformare un luogo di vendita in un luogo di esperienza e di cultura olfattiva. Volevamo che il profumo non fosse soltanto un prodotto, ma un’opera d’arte, espressione di una storia capace di suscitare emozioni e regalare esperienze ai nostri clienti. Questo approccio ha caratterizzato i due asset su cui la nostra azienda si sviluppa: retail e distribuzione. Oggi Campomarzio70 è presente con 18 punti vendita in Italia, di cui 5 in franchising, e 16 shop-in-shop. Inoltre, siamo distributori esclusivi per l’Italia di 35 marchi che portiamo nei principali player del settore.

 

Ci racconti un po’ della sua storia personale e come è arrivato a ricoprire il ruolo di CEO di Campomarzio70?

Il mio percorso è stato un intreccio tra passione e responsabilità. Ho respirato sin da piccolo l’aria del profumo. Finiti gli studi ho iniziato a occuparmi della contabilità del punto vendita storico di famiglia a Roma, situato al Pantheon. Da lì è nata la mia passione per la profumeria artistica, che proprio in quegli anni stava iniziando a vivere una timida evoluzione. Intorno al 2002 il settore della nicchia iniziò a dare dei segnali importanti di evoluzione e lì ebbi l’intuizione che la profumeria di nicchia sarebbe stata la profumeria del futuro. L’anno successivo i miei genitori mi diedero l’opportunità di aprire un nuovo punto vendita, quello di via Campo Marzio 70. Fu un momento di svolta, perché segnò il passaggio dall’attività tradizionale del Pantheon, che proponeva marchi selettivi come Chanel, Dior, Lancôme e altri e pochi marchi di nicchia, a un format innovativo dedicato esclusivamente ai marchi di nicchia. Una vera sfida per l’epoca, considerando la lunga storia familiare da oltre quattro generazioni legata alla profumeria commerciale. Da quel momento ho iniziato a ricoprire anche il ruolo di CEO ed è iniziata questa fantastica avventura.

 

 

Lei è espressione della seconda generazione. Come è avvenuto il passaggio di responsabilità in Campomarzio70?

Nel mio caso è stato un passaggio naturale, ma profondamente significativo. Quando è nato il progetto Campomarzio70, mio padre ha scelto di affidarmi fin da subito la guida strategica dell’azienda. È stato un gesto di grande fiducia che ha segnato l’inizio del mio percorso imprenditoriale. Da quel momento ho avuto la possibilità e la responsabilità di trasformare le intuizioni in risultati concreti, costruendo un modello aziendale capace di crescere nel tempo, senza mai perdere il legame con i valori familiari.

 

Qual è stata la principale sfida in quel momento di transizione?

La vera sfida è stata essere all’altezza di quella fiducia. Non si trattava semplicemente di portare avanti un’attività, ma di costruire qualcosa di nuovo, rispettando al contempo l’eredità ricevuta.

Il passaggio generazionale è riuscito perché non è stato imposto, ma vissuto come un’opportunità di crescita condivisa. Ho potuto contare sul sostegno della mia famiglia e, in particolare, di mia moglie Maria, che ha avuto un ruolo fondamentale in questo percorso.

 

 

In che modo il contesto familiare ha influenzato il suo approccio alla leadership?

Profondamente. Essere parte di un’impresa familiare ti insegna a guardare oltre il breve termine. Non si lavora per massimizzare i risultati immediati, ma per costruire qualcosa che duri, che abbia un significato. In Campomarzio70, valori come la fiducia, la responsabilità, la passione e il rispetto per le persone sono sempre stati alla base delle nostre scelte. Questo tipo di cultura aziendale nasce  solo in contesti dove il legame umano è forte e autentico.

 

 

Ci sono stati momenti di confronto o di visioni diverse tra generazioni?

Sì, certo. Ma il confronto è sempre stato sano. Mio padre aveva una visione imprenditoriale più tradizionale, mentre io sentivo forte la necessità di innovare, soprattutto nella direzione della profumeria di nicchia, che all’epoca era ancora una scelta poco battuta.

La svolta è stata proprio lì: lui ha creduto nella mia intuizione, anche se rappresentava una rottura rispetto al modello esistente. Questo equilibrio tra esperienza e innovazione è stato uno dei nostri punti di forza.

 

Secondo lei, quali sono i principali vantaggi di un’impresa familiare rispetto ad altre forme di gestione aziendale?

Il principale vantaggio è la visione di lungo periodo. In un’impresa familiare le decisioni non sono guidate solo dai risultati immediati, ma dalla volontà di costruire qualcosa che duri nel tempo. A questo si aggiunge un forte senso di appartenenza, che rende l’azienda più solida nei momenti di difficoltà. La famiglia, inoltre, porta con sé valori chiari, fiducia, responsabilità, passione, che diventano parte integrante della cultura aziendale. Credo che questa combinazione di visione e valori sia ciò che rende un’impresa familiare unica rispetto ad altre forme di gestione.

 

Cosa consiglia alle famiglie imprenditoriali che stanno vivendo oggi un passaggio generazionale?

Il mio consiglio è duplice: alle nuove generazioni dico di avere coraggio e visione, anche quando le proprie idee sembrano premature o poco comprese. Ai fondatori, invece, dico di dare fiducia, e soprattutto di lasciare spazio. È fondamentale che il passaggio non sia solo formale, ma reale. Solo così si può costruire una vera continuità, dove la nuova generazione non replica, ma evolve.


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