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Più di centoquaranta anni per l’azienda lombarda

Il caso di Gavazzi Tessuti Tecnici S.p.A.

di Cinzia Ficco

Quasi centoquarantuno anni, quinta generazione e una crescita annuale tra il cinque e il dieci per cento che è il risultato degli sforzi tutti interni all’azienda. Non so se altre scelte ci avrebbero portato a risultati diversi. So di sicuro che oggi siamo trattati con grande rispetto nei sessanta Paesi a cui vendiamo i nostri prodotti. In futuro? Sempre ricerca e innovazione nel rispetto di quanto abbiamo seminato e una promozione più spinta del nostro brand”.

Così Nicolò Torrani, milanese, 63 anni, descrive la Gavazzi Tessuti Tecnici S.p.A. (azienda fondata nel 1881) – di cui è presidente e amministratore delegato dal 2012. Una realtà che si è sempre distinta per l’alta tecnologia impiegata, la fidelizzazione dei suoi clienti e per questo rinomata in tutto il mondo.

Ma come è nata la sua avventura in Gavazzi?

“A giugno in azienda – racconta il Ceo, che è nel direttivo di Confindustria tessile di Bergamo – si faceva la valutazione di magazzino, il cosiddetto Lifo, e con un compagno di liceo venivo per due settimane a Calolziocorte. Facevo i conteggi. Tutti a mano con quelle calcolatrici da cui uscivano metri di rotolo di carta che cadevano a terra. Laureatomi, e dopo una prima esperienza nella consulenza aziendale, ho iniziato a lavorare in Gavazzi quasi 35 anni fa. Ho seguito passo per passo l’allora responsabile di stabilimento per conoscere il prodotto e i cicli produttivi, poi pian piano, ho toccato tutte le aree dell’azienda e tutti gli stabilimenti, dalla tessitura al finissaggio, dall’ufficio commerciale Italia alla campagna pubblicitaria per il lancio dei tessuti in fibra di vetro Gavatex, dalla qualità al controllo di gestione. Ho partecipato alla costituzione dell’Axir srl (società nata per la produzione di tessuti multiassiali), alla nascita della Gavazzi Trading (società commerciale nata per servire il mercato svizzero), all’acquisto e vendita di telai. Ho affiancato persone qualificate da cui ho imparato non solo le tecnicalities, ma anche l’approccio al lavoro”.

Quindi era scontato che succedesse a suo padre, Emanuele, che tutti ricordano come il grande innovatore?

No, per niente. È stata fatta una scelta. Per me è stato difficile agli inizi perché non avevo una formazione tessile e non lavoravo con mio padre, ma la successione doveva scattare e la gavetta andava fatta. Del resto, doveva essere così, perché all’interno non c’erano altri familiari pronti al comando.

Di preciso, come ha affrontato questo passaggio?

Da qualche anno in azienda avevamo costituito un comitato operativo in cui erano presenti le componenti fondamentali di un’azienda: quella commerciale, amministrativa e di produzione. Quando mio padre si è ritirato, ho assunto la Presidenza. La mia prima mossa? Cercare figure in grado di inserire concetti, logiche, strumenti produttivi nuovi, qualcuno da fuori che avesse partecipato alle innovazioni tecnologiche e manageriali che ci consentisse di stare al passo con i tempi. Sono arrivate figure giovani che hanno arricchito la Gavazzi di idee e proposte nuove. Tanto che oggi l’azienda partecipa con coraggio e determinazione alla transizione digitale e alla sostenibilità ambientale ed energetica con un ciclo produttivo adeguato e scelte mirate. Abbiamo portato avanti i processi di automazione e informatizzazione che oggi sono la realtà efficiente del nostro lavoro.

Invece, la grande impronta lasciata da suo padre?

Nominato amministratore delegato nell’aprile del 1971, mio padre ha avviato nel giro di pochi anni una radicale trasformazione, passando a poco a poco dalla tessitura dei nastri in fibre naturali a quella dei filati tecnici destinati ai settori industriali: vetro, kevlar, poliestere, basalto, eccetera. La Gavazzi con lui è entrata a far parte dell’Association Europeenne Tisseurs de Verre, di cui è stato presidente nel 1997. Sotto la sua guida, la Gavazzi ha aperto uno stabilimento ad Arcore per l’impregnazione dei tessuti. Oggi abbiamo varie sedi: quella legale a Milano, due sedi a Calolziocorte (un centro logistico e una sede principale), una a Cisano Bergamasco e l’altra ad Arcore.

Nicolò Torrani

Nicolò Torrani, Presidente e Amministratore Delegato di Gavazzi Tessuti Tecnici S.p.A.

Quali sono stati i periodi più difficili?

Se la pandemia non ci ha causato grosse perdite, con l’attuale guerra Russia – Ucraina stiamo risentendo dell’aumento dei costi dell’energia perché la nostra azienda è energivora. Inoltre, nei prossimi mesi c’è il rischio che dai Paesi dell’Est e dalla Russia non arrivino alcuni filati e sarà più difficile approvvigionarsi. Una fase molto impegnativa è stata quella degli anni 2008 e 2009. Dopo quel periodo abbiamo rilanciato l’attività, non con logiche espansive di acquisizione, ma con progetti di sviluppo continuo nel nostro mercato di riferimento che tenevano conto e valorizzavano le nostre dimensioni. È una logica che ci guida ancora oggi. Sempre alla ricerca di soluzioni nuove per i nostri clienti, cercando di rimanere nel nostro seminato e specializzarci in questo.

Cosa vuole dire?

Che non tendiamo a soddisfare un mercato che ci costringa a tecnologie molto diverse dalle nostre per rincorrere un business. Un esempio: nei primi mesi di pandemia abbiamo iniziato a produrre mascherine con i nostri tessuti. Abbiamo raggiunto un’ottima performance in termini di protezione, rendendo però più difficile la respirazione. Era un mercato nuovo che abbiamo subito esplorato, ma ci siamo resi presto conto che non ci si poteva improvvisare imprenditori di prodotti/mercati totalmente diversi. Produrre mascherine è però servito a tenere caldi i motori e in funzione il nostro cervello.

Settore in cui state crescendo?

Quello dei tessuti per impregnazioni speciali, dove siamo riconosciuti quali produttori affidabili e di qualità. È su questo che ogni anno investiamo e cresciamo, scegliendo sì un mercato di nicchia ma con prodotti ad alta tecnologia. Come si vede, tradizione abbinata all’innovazione: un binomio caro a mio padre, che ci ha permesso di essere presenti sia in aree dove gira la tecnologia, Europa, Sud Est asiatico, America, sia in aree di nuovo sviluppo come Ecuador, Papa Nuova Guinea, Turchia ed Est Europa. Oggi lavoriamo con oltre sessanta Paesi.

 

Innovazione e tradizione. Su cos’altro avete puntato sino ad ora che vi ha permesso di superare i centoquaranta anni?

Molto importante è stato fidelizzare il cliente e fare partnership con i nostri fornitori. Per tornare all’innovazione, per noi fondamentale, la novità di questi ultimi mesi è rappresentata dai laminati in materiali compositi. Si tratta di tessuti sovrapposti in vari strati e successivamente stampati e sagomati. Vengono impiegati in settori che necessitano di leggerezza, resistenza e customizzazione. Siamo nel mondo dei tessuti tecnici per materiali compositi: i prodotti del futuro.

Gavazzi Tessuti Tecnici S.p.A.

Gavazzi Tessuti Tecnici S.p.A.

Come si realizzano questi prodotti?

Tanti macchinari tessili impiegati per i settori tradizionali, vengono modificati in differenti punti per renderli idonei alla tessitura della fibra di vetro e di altre fibre tecniche, aggiungendo modifiche specifiche e dedicate alle particolarità fisiche del vetro, che è un materiale resistente, ma anche fragile. Aggiungiamo tecnologia a quelle già esistenti e questo avviene grazie a una continua collaborazione e scambio con i nostri fornitori. Altro aspetto importante, siamo dotati di sistemi di visori automatici capaci di rilevare anche la minima sfilacciatura del filato. Tutte queste informazioni vengono digitalizzate e rese disponibili a tutti i nostri operatori nella supply chain. Si tratta di miglioramenti che fanno la differenza tra le macchine di serie e quelle che utilizziamo noi. Dal 2014 abbiamo fatto passi da giganti e siamo diventati un’azienda 4.0 a tutti gli effetti: dal robot antropomorfo, al sistema di telecamere a bordo telaio, ai sistemi di aspirazione delle fibre volatili.

In Italia avete concorrenti?

Sì, ma non li temiamo come quelli asiatici o dei Paesi dell’Est, grazie alla politica di diversificazione dei prodotti e dei settori commerciali. Produciamo una ventina di tipologie di prodotto: dai compositi per il settore eolico e nautico alle protezioni balistiche, dall’edilizia all’industria delle materie plastiche, dai produttori di mosaici al settore degli articoli sportivi, alla

finitura degli interni. Un capitolo a parte è rappresentato dai tessuti per il rivestimento murale da interni Gavatex, nati per il rivestimento murale delle strutture collettive – ospedali, ristoranti supermercati, mense aziendali – oggi impiegati come sostituto delle carte da parati nel settore residenziale. È un materiale di design, resistente agli urti e agli strappi, ignifugo e fonoassorbente perché abbatte le frequenze. Un settore tira l’altro.

Ritiene che l’azienda abbia ulteriori potenzialità, valori ancora nascosti, che magari con nuove strategie, nuove scelte potrebbero venir fuori?

Difficile dare una risposta. Siamo stimati dai fornitori, rappresentiamo un’azienda di riferimento nel panorama mondiale, non abbiamo perseguito obiettivi di verticalizzazione perché non volevamo. Siamo cresciuti gradualmente ogni anno tra il cinque e il dieci per cento, facendo leva solo sulle nostre forze. Ci siamo sempre autofinanziati, e quello che abbiamo ricavato lo abbiamo sempre investito in innovazione. Probabilmente una impostazione più manageriale, che favorisse l’ingresso di un fondo d’investimento con tanti capitali da investire, potrebbe sicuramente dare altri risultati. Ma non è la strada che abbiamo percorso.

I numeri della Gavazzi?

Abbiamo più di cento telai, cinque orditoi, cinque forni di finissaggio. Circa centottanta dipendenti, fatturiamo quasi 35 milioni di euro, esportiamo il 65 per cento della produzione, il resto rimane in Italia. Produciamo 60 milioni di metri quadri di prodotto l’anno.

Chi sono i vostri clienti?

Sono vari: dal rivenditore edile alla multinazionale. Sono per lo più utilizzatori professionali.

Pensa che la Gavazzi abbia saputo ben valorizzare il suo brand?

Si può fare di più. Non l’abbiamo valorizzato volutamente, anche perché vendiamo un prodotto personalizzato, che finisce nel brand del cliente. Ultimamente, però, abbiamo potenziato le strutture di marketing. Quindi investiremo di più sulla comunicazione e nella sponsorizzazione.

Guardiamo al futuro: pensa di poter sempre contare sul consenso di tutta l’azienda per le strategie future?

Penso di sì. Ho sempre reso partecipi tutti i miei collaboratori delle scelte importanti che dovevamo prendere. Mi hanno sempre appoggiato e consigliato e insieme abbiamo fatto crescere l’azienda.

Per chiudere, di cosa avrebbe bisogno un’azienda come la sua oggi?

Di sicurezza e oculatezza nel passaggio del testimone, di un fisco più leggero e una burocrazia meno ingombrante. Per installare dei pannelli fotovoltaici, di cui tanto si parla in questi giorni di rincaro energetico, abbiamo aspettato vari mesi prima di avere l’autorizzazione e adesso stiamo aspettando che ce li installino ormai con un ritardo di mesi.

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