giovedì, Dicembre 12, 2024

I SALOTTI DI FAMILY BIZ

La Governance proprietaria, aziendale e familiare nei family business   

2025 - Milano - Bologna 

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Il caso Gabel Industria Tessile Spa

di Sofia Tarana

Gabel è una family company leader nel settore tessile, fondata nel 1957 da Giuseppe e Sergio Moltrasio in provincia di Como. Attraverso i suoi marchi Gabel1957 e l’acquisizione di Somma1867, Vallesusa e Pretti oggi è in grado di diversificare per soddisfare tutta la gamma di prodotti per la biancheria della casa. Gabel, che nel 2022 ha registrato un fatturato di 52 Mln/euro, conta 350 dipendenti e più di 40 punti vendita diretti. La cultura del cambiamento accompagna da sempre le tappe di questo caso studio, giunto alla terza generazione e guidato dai fratelli Massimo Moltrasio, responsabile ufficio Stile e Prodotto, Francesca Moltrasio che si occupa della Comunicazione e del Marketing Digitale e Michele Moltrasio, AD e Presidente del Gruppo- qui con lui l’intervista.

Quali sono le tappe che segnano questo family business?

 

La società è stata fondata negli anni 50’ da due fratelli, mio padre e mio zio, Giuseppe e Sergio Moltrasio che erano figli di un commerciante di tessuti che aveva dei negozi a Milano chiamati “Magazzini Ambrosiani del popolo”. Nel 1957 è nata Gabel che inizialmente era sostanzialmente una “confezione”- allora il prodotto era molto lontano da quello odierno: non stampato, non colorato, solo bianco e talvolta ricamato (per questo si usa il termine biancheria). In estrema sintesi, il percorso imprenditoriale intrapreso da Gabel può essere definito come “il percorso del salmone”: se le aziende nate con la rivoluzione industriale (fine ‘800) stavano incontrando le prime difficoltà de-industrializzandosi, noi nati nel ‘900 abbiamo fatto il cammino inverso, caratterizzato da varie tappe che corrispondono ad acquisizioni ed investimenti per arrivare a controllare la produzione. Contemporaneamente a questo abbiamo iniziato ad essere verticali: a partire dal filo per arrivare al prodotto finito tessendo, stampando, tingendo, finendo e confezionando- tutto con procedimenti interni per il 94% di ciò che vendiamo. Inoltre, per completare l’assortimento da dare nei nostri oltre 40 punti vendita diretti abbiamo acquisito i marchi Somma1867, Vallesusa e Pretti per soddisfare tutte le esigenze relative al mondo della biancheria della casa (cucina, lana, bagno di lusso).

A che punto è, oggi, Gabel?

L’azienda è in una fase di cambiamento e consolidamento tradizione – non è in una fase di sviluppo, perché non dovendo rendere conto a fondi, non dobbiamo raggiungere chissà quale soglia di fatturato. Abbiamo attraversato dal 2011 un periodo delicato caratterizzato da ricambio generazionale in azienda, uscita dal business della seconda parte della famiglia (con la quale però rimaniamo legati per altre imprese), turnover del management che aveva accompagnato i fondatori (per età pensionabile, quindi)- trovandoci a cambiare 1/3 del personale in 3 anni e assumendo 120 persone dei 350 dipendenti che compongono il family business. Quanto ai numeri, sono stati fortemente condizionati nel 2020 dal Covid, dove il fatturato registrato è stato 40 Mln/euro (nostro minimo storico) per poi risalire nel 2021 a 57 Mln/ euro, nel 2022 circa 52 Mln/euro con l’obbiettivo per il 2023 di avvicinarci ai 60 Mln/euro di fatturato. Si tratterebbe del terzo anno consecutivo con segno positivo, funzionale ad intraprendere gli investimenti per noi necessari in innovazione, ricerca e sostenibilità e anche in industria con macchinari performanti.

 

Michele Moltrasio

Generazione al comando e ruoli dei vari membri della famiglia.

Siamo tre fratelli attivi in azienda: Francesca Moltrasio in qualità di Resp. Comunicazione, Massimo Moltrasio Resp. Stile & Prodotto ed io che sono Presidente ed Amministratore Delegato. Rappresentiamo la seconda generazione industriale e terza generazione tessile considerando che nostro nonno faceva questa attività- non producendo ma comunque vendendo. Ognuno di noi, dopo gli studi ha fatto esperienza fuori dall’azienda di famiglia, entrando poi nella propria con tutta la gavetta del caso. Io, ad esempio, ho passato i primi 6 mesi in fabbrica assumendo ruoli sempre più importanti attraverso un tutor, un manager di fiducia della famiglia, che ha gestito il mio inserimento. Il passaggio generazionale, accelerato dal venire a mancare di mio padre, ha velocizzato il processo di avvicendamento e la mia assunzione della responsabilità formale di presidenza.

 

Come gestite la convivenza interna per favorire l’unione familiare?

Si gestisce partendo da un rispetto e da una stima che si unisce all’affetto dei legami familiari, siamo una famiglia tradizionale dove c’è sempre stata molta unione- questa è la premessa. Modestamente posso dire che sono sempre stato identificato come punto di riferimento dai miei fratelli. Quando i due fondatori hanno deciso di puntare su di me (dopo l’uscita di mio cugino, come spiegato sopra) i miei fratelli hanno ritenuto che fossi in grado di rappresentarli nel modo corretto. Il ruolo che mi hanno proposto non è mai stato messo in discussione (anche nei momenti peggiori) perché a monte, come dicevo, c’è una stima molto alta.

 

Per la longevità di un family business quanto conta sapersi rigenerare e adattare?

Conta tantissimo. Avendo dei figli e una possibile quarta generazione a cui affidare l’azienda, ho piena consapevolezza che se io avessi lasciato l’azienda come l’ha lasciata mio padre e non avessi iniziato a cambiarla quando lui era ancora presente, oggi non saremmo qui. Siamo rimasti sul mercato perché il mercato cambiava e noi abbiamo cambiato l’azienda e sappiamo che è necessario adattarsi continuamente.

 

Com’è strutturata la Vs. governance aziendale?

Non abbiamo una relazione formale tra i familiari che ci obbliga ad incontri periodici. Ci vediamo tutti i giorni e condividiamo le questioni da affrontare se abbiamo dei dubbi e poi massima autonomia nelle proprie aree di competenza. Se ci sono posizioni diverse e qualcuno deve assumersi la responsabilità di scegliere, in questo caso, lo faccio io a nome di tutti. Da quando sono Amministratore Delegato ho creato un comitato di Direzione, formato da 18 persone che sono i riferimenti in azienda che incontro mensilmente, a cui fornisco tutti i dati dell’azienda e con i quali condivido le decisioni più importanti, affidando loro anche progetti specifici.
 

 

Crescita per vie esterne con ingresso di nuovi partner industriali: cosa mi dice al riguardo?

Non lo abbiamo previsto e non lo prevediamo, tuttavia non nego che siamo stati avvicinati da vari enti, fondi (anche importanti) ma non abbiamo ritenuto nemmeno di iniziare una duo-diligence perché non c’erano le condizioni per proseguire con l’attuale modello aziendale. Non è facile, per chi guarda l’azienda dall’esterno, concepire un modello in cui le persone vengono prima di tutto. Se partiamo da questo presupposto e si manifesta solo un interesse per i marchi senza responsabilità sociale, non ci interessa. Non abbiamo bisogno e non abbiamo velleità di crescita in un mercato estremamente polverizzato- dove le prime 10 aziende costituiscono il 30% del mercato. Oltre a questo c’è una barriera legata all’internazionalizzazione perché ogni paese ha i propri usi e costumi e non ha senso puntare a crescere in altri paesi.

 

Nelle nostre interviste il tema delle exit strategy è sempre un po’ un tabù… Per Gabel qual è l’orizzonte in termini di continuità?

Non nego di essere uno di quelli che ama visceralmente l’azienda e che la considera quasi come una ragione di vita, dopo la famiglia. Non ho mai imposto ai miei figli che via intraprendere per il loro futuro- l’ingresso in azienda non deve essere vissuto come obbligo. Se entrassero mi farebbe piacere, ma sarei ugualmente contento se scegliessero di fare altro. Al momento nessuno dei miei tre figli ha mostrato disinteresse e credo che, nel frattempo, sia giusto da parte mia mostrare il bello e il brutto di ciò che riguarda l’azienda di famiglia, così nel caso hanno gli elementi per fare una scelta consapevole. Se non ci fosse una continuità da parte loro si troverà sicuramente una soluzione. La mia intenzione è quella di preservare un bene che ha creato chi è venuto prima di me e verso il quale anch’io ho dedicato tutto me stesso.

 

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