giovedì, Dicembre 12, 2024

I SALOTTI DI FAMILY BIZ

La Governance proprietaria, aziendale e familiare nei family business   

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Rigenerare la tradizione nel business familiare

Il Caso Cantine Lunae Bosoni Srl

di Sara Colonna

Cantine Lunae Srl è un family business operante nel settore vitivinicolo con sede in provincia di La Spezia. In questo comparto, più della metà (54%) delle aziende familiari del vino italiano conta un giro d’affari che supera i 10 milioni di euro all’anno e nel 76% dei casi sono controllate al 100% dalla famiglia. Fra queste la cantina guidata dalla famiglia Bosoni che da tre generazioni produce vino e preserva la cultura del territorio. Paolo Bosoni è il fondatore che nel 1966, supportato dal fratello Lucio, su eredità di una famiglia contadina, è riuscito a radunare qualcosa come 65 ettari in una regione difficile come la Liguria, concentrando l’attenzione sulla viticoltura. La nuova generazione è rappresentata dai figli di Paolo: Debora Bosoni-hospitality manager e Diego Bosoni-direttore responsabile e commerciale estero- con quest’ultimo l’intervista per Family Biz.

 

Come è partito il vostro family business? 

 

Siamo negli anni Sessanta ed Oriente Bosoni, mio nonno, è un contadino dal carattere ligure, rude e schietto, che conduce una piccola azienda agricola di 3 ettari, producendo vino e olio, integrando anche una piccola produzione di ortaggi per il fabbisogno familiare e la vendita in paese. Mio padre, Paolo, raccoglie l’eredità del “saper fare” della famiglia ma inizia il suo percorso imponendo una svolta significativa: la conversione a produzione vitivinicola con l’obiettivo della costruzione di una viticoltura di qualità nei Colli di Luni, oggi zona Doc. In poche parole, decide non di diversificare ma di specializzare la produzione per fare vino di alta qualità in un territorio impervio.   La scommessa è stata vincente perché oggi Cantine Lvnae può contare, dai 3 iniziali, 85 ettari (10 condotti in biologico), dei quali 50 di proprietà, 15 in affitti agricoli e 20 costituiti da 120 conferitori locali.

Diego Bosoni

Il mercato del vino italiano appare sempre di più come un affare di famiglia: quanto è importante la tradizione familiare? 

La tradizione familiare è certamente un fattore critico di successo in un comparto come questo caratterizzato dalla importanza che le scelte del mercato assegnano al territorio. I mercati, soprattutto internazionali, sono sempre alla ricerca di nicchie dove si fa qualità. Le nicchie si posizionano in contesti che hanno una storia sovente legata alla capacità della famiglia di averli coltivati. E anche il racconto familiare, cosiddetto story-telling, è premiante rispetto alle scelte dei consumatori. Questo è ciò che vuole la gente: le storie. Ma un consumatore sempre più attento e informato chiede qualità. Occorre saperle coniugare.

 

La scelta di specializzazione ha implicato cambiamenti nella governance aziendale?

Nella prima fase, quella che corrisponde all’epoca di mio padre e mio zio, la struttura era prettamente orizzontale con una scarsa divisione dei ruoli. Mio padre, per esempio, seguiva e coordinava il lavoro in cantina e in vigna contemporaneamente. Era il prototipo della classica piccola media impresa italiana dove tutti devono saper fare tutto. Quando il progetto della cantina ha iniziato a crescere e la nostra realtà produttiva diventare sempre più grande e solida, sono nate le esigenze di governare le diverse fasi del processo attraverso una specializzazione dei ruoli che è tuttora in essere. Siamo passati ad un livello più raffinato, pur senza eliminare il sostrato: le competenze restano diffuse e tutti devono intendersi di tutto perché così si prepara la successione. Ma ripeto, questo avviene in modo più strutturato. Io mi occupo prevalentemente della parte commerciale e comunicazione mentre Debora, mia sorella, ha la responsabilità dell’hospitality insieme all’ incoming turistico. Detto ciò, a ben guardare la divisione dei ruoli, non è ancora completa in quanto al contempo mi occupo dello sviluppo prodotto insieme a mio padre, il fondatore, rispetto al quale ho molta voce in capitolo sul proporre nuove sperimentazioni. Ci sono etichette che sono interamente mie creature. Il successo con il quale il mercato le ha premiate ha convinto mio padre della capacità delle nuove generazioni. 

 

Una crescita la vostra che può fare gola: avete mai pensato di aprire il capitale?

Siamo una azienda 100% italiana con il capitale interamente partecipato dalla nostra famiglia. Di questo ne facciamo vanto perché il mercato riconoscendoci un’identità forte ci sta premiando.

 

La scelta del nome è una delle più riuscite operazioni di brandizzazione attuate dai family business italiani del mondo del vino…

Il nome Lvnae si ispira al nome della città di Luni, antico porto Etrusco e Greco, consacrato alla dea che per i latini rappresentava la luna, la dea Selene e poi colonia romana Luna nel 177 a.c. Mio padre va fiero di questa millenaria tradizione storica. Tutta la nostra viticoltura affonda le proprie radici qui.  Ma una tale eredità non è stata non solo il motivo della scelta del nostro nome, perché rappresenta anche la visione che tuttora continua ad informare le nostre scelte strategiche di lungo periodo racchiudendo in sé tutti i principi che hanno guidato e che guidano tuttora il lavoro: il rispetto e la ricerca delle proprie radici, la valorizzazione del territorio e dei suoi vini, l’attenzione per la comunità contadina locale e la tutela dell’ambiente supportata da un lavoro sostenibile.

 

Come rientra questa tradizione millenaria nella agenda dei valori del leader? 

La carta dei valori è di particolare aiuto nei momenti di svolta. La nostra azienda dimostra che si può fare crescita assumendosi un rischio e cambiando la cultura con la quale si era andati avanti fino ad allora. La scelta strategica di mio padre non era priva di rischio, perché era una cosa che non si era mai fatta in un territorio inospitale. Quindi c’era una intera organizzazione da costruire. Anche se quelli erano tempi in cui si faceva tutto in casa in maniera artigianale- di un artigianato però fortemente specializzato perché quella manualità ha portato giorno dopo giorno a creare un piccolo impero. Una considerazione: prima ancora che nella governance aziendale le scelte strategiche, io credo, richiamano la necessità di innovazione nella governance familiare. Quello che è in gioco è un cambio di mentalità, perché le aziende familiari sono in primis famiglie e quindi persone.

 

Tu e tua sorella, Debora, avete a vostra volta fondato una nuova cantina che costituisce e simboleggia il nuovo grande salto nel futuro della famiglia Bosoni. Ci parli di questo nuovo progetto?

Le vendite sono cresciute e gli spazi sono diventati stretti. Dai cinque ettari degli anni Sessanta siamo passati ai 65 ettari attuali, di cui trenta a biologico, con la ferma intenzione di continuare sul percorso della crescita. L’idea è nata con mio padre, Paolo, entrambi avevamo capito di essere arrivati davanti a un bivio: rimanere con gli spazi a disposizione e fare un passo indietro, oppure intraprendere un nuovo capitolo tutto da scrivere, guardando al futuro a 360°. In un contesto sociale caratterizzato dal tutto, subito ci siamo presi il tempo necessario per realizzare questa nuova casa, un ambiente nel quale coltivare il nostro futuro come chi coltiva la terra seguendo i ritmi della natura. Così è stata recentemente inaugurata, dopo cinque anni di progettazione, sette di cantiere e un investimento totale di circa nove milioni di euro-tre e mezzo dei quali di fondi europei. Essa rappresenta il passaggio del testimone fra generazioni, in ottica non di competizione ma di collaborazione da parte della mia generazione che punta a sviluppare il business di famiglia con nuove proposte commerciali e nuove esperienze per i nostri clienti.

 

Quali sono state le innovazioni rispetto al business familiare tramandato?

Nella nuova cantina è progettata una sala degustazione moderna ad alto impatto sensoriale perché è questo che vogliono le persone: vivere un prodotto come esperienza ed averne un buon ricordo. La nostra nuova cantina si armonizza con il territorio circostante rappresentando un punto di valorizzazione per l’incoming turistico. Cosi contribuiamo a far crescere l’indotto complessivo. Noi pensiamo che le aziende non sono monadi isolate, ma respirano l’ambiente circostante da cui traggono la loro forza e la loro energia. In poche parole la torta può diventare più grande per tutti. L’abbiamo affrontata come un progetto urbanistico generando spazi che potessero essere ampliati nel tempo e avere una suscettibilità d’uso, con collegamenti aperti come in un unico palcoscenico per la comunità, cercando anche di rafforzare l’identità culturale di questo luogo e del nostro marchio.

 

Quali sono i progetti futuri?

L’obiettivo principale non è quello di aumentare drasticamente la produzione, ma elevare ancora il profilo qualitativo dei vini con macchinari e strumenti all’avanguardia. Siamo convinti che il lavoro e il nostro impegno debbano arrivare fino alla bottiglia, così come i nostri dipendenti debbano poter lavorare in spazi progettati per il benessere di chi li frequenta, perché vino e uomo sono per noi due elementi fondamentali

 

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