Il caso di Amarelli Srl
Impresa leader nella produzione di liquirizia, Amarelli Srl nasce nel cuore della Calabria, a Rossano (CS) nel 1731, quando la famiglia Amarelli fondò un impianto proto-industriale detto “concio”, per estrarre il succo dalle radici di liquirizia. Da allora l’azienda si è fatta strada costantemente e sempre di più, rendendo la liquirizia italiana famosa in tutto il mondo: un successo reso possibile dal forte approccio innovativo che ha caratterizzato le undici generazioni che si sono succedute nel tempo. La società ad oggi conta 50 dipendenti, ha un fatturato di 4 milioni di euro e vede al comando la sua 12esima generazione nella persona del suo Amministratore Delegato Fortunato Amarelli. In azienda coesistono attualmente due generazioni e la nostra intervista è al Presidente Onorario e Cav. Lav. Pina Amarelli, 78 anni, esponente dell’undicesima.
La vostra è una storia lunga e vincente: come si raggiungono questi traguardi?
Credo che la competenza, la dedizione e soprattutto l’innovazione continua facciano la differenza: Se non si innova non si dura nel tempo e noi, nel 2031 compiremo ben 300 anni. Ma occorre anche molta consapevolezza dell’impegno necessario per portare avanti un’azienda. Abbiamo sempre cercato e cerchiamo tuttora di fare il possibile e a volte anche l’impossibile per gestire al meglio la nostra attività, di cui adesso è Amministratore mio nipote Fortunato, 12esima generazione. Il passaggio generazionale è già stato fatto, agevolmente e d’accordo fra tutti.
Proprio in tema passaggio generazionale, ci sono mai state delle criticità riguardo la continuità intergenerazionale?
No ma avrebbero potuto esserci, soprattutto nel periodo degli anni ’20, quando siamo stati fortunati con l’operato della mia omonima Giuseppina Amarelli, donna originale per quei tempi, che aveva studiato Diritto all’Università di Napoli. Una signorina particolarmente in gamba che lanciò nel 1919 la prima scatoletta di metallo, che abbiamo conservata nel Museo, e poi cominciò a fare grandi progetti. In particolare, fece un testamento in cui lasciava ai 3 nipoti maschi l’usufrutto dell’azienda, mentre la nuda proprietà la lasciava ai figli maschi nascituri dei nipoti, i quali non avevano ancora figli in quel momento: una scelta apparentemente folle che invece si rivelò eccezionale, perché poi i figli nacquero e noi non abbiamo mai avuto una vera e propria successione fino al 1990. In seguito a questa data facemmo immediatamente il passaggio generazionale ripartendo le quote tra i vari soci, senza aspettare momenti critici. Credo sia meglio programmare i passaggi generazionali, realizzandoli in maniera tranquilla. Mi preme sottolineare l’importanza che riveste secondo noi la convivenza di due generazioni in azienda, e se arrivasse anche la terza sarebbe ancora meglio! L’aspetto interessante da cogliere è la commistione profittevole delle diverse generazioni in contatto: i più anziani che mettono in campo la loro grande esperienza e la prudenza; i più giovani che apportano il loro entusiasmo, che li porta a sapersi buttare e innovare, ma che da soli rischierebbero di uscire fuori strada. Per questo credo che effettuare un passaggio generazionale che consenta la convivenza di almeno due generazioni in azienda sia importantissimo.
Parliamo a questo proposito di governance e gestione aziendale: vi siete dotati di regolamenti di famiglia?
Si, è stato un passo necessario: pensiamo che oggi ci voglia un approccio “scientifico” per far funzionare una realtà come la nostra, e occorra quindi dotarsi di una precisa organizzazione interna aziendale. Abbiamo un consiglio di famiglia a cui partecipano tutti i suoi componenti, anche i più piccoli che ovviamente ancora devono inserirsi. Non è mai troppo presto per iniziare a comprendere le dinamiche aziendali e sviluppare professionalità. Siamo molto curiosi riguardo le innovazioni che la 13esima generazione potrà portare all’azienda.
In che momento si trova ad oggi Amarelli?
Premettiamo che il momento da un punto di vista generale è pessimo, e tutti negli ultimi anni abbiamo vissuto momenti difficili. Noi ci siamo ripresi grazie a valori fondamentali che sono alla base in un’azienda, come la coesione, la passione, l’entusiasmo, che vanno al di là del profitto e sono quelli che ti permettono di ripartire e trovare nuovi slanci. Siamo attualmente in una fase di sviluppo in cui poniamo ancora più attenzione del solito all’innovazione del prodotto, alla sua presentazione. Dalla pandemia in poi, l’e-commerce è andato e continua ad andare bene, e ci sta aprendo delle nuove frontiere molto interessanti. Inoltre stiamo mettendo a punto dei nuovi accordi commerciali e come sempre curiamo gli shop e i factory store, nonché il nostro Museo Storico della Liquirizia, attraverso cui raccontiamo non solo la nostra azienda ma anche una parte della storia dell’economia della Calabria.
Avete seguito delle strategie di crescita aziendale in questi ultimi anni?
Si, abbiamo puntato soprattutto sul marketing, avvalendoci della professionalità della nostra direttrice marketing, Margherita Amarelli. E siamo felici e orgogliosi di aver rilanciato da poco le nostre scatole iconiche, che rappresentano al meglio il nostro brand.
Secondo lei quali sono state le sfide più grandi che avete fronteggiato?
Invece, la più grande difficoltà di gestione recentemente affrontata?
Avete dei nuovi progetti in questo periodo?
Cosa ci può dire del vostro posizionamento sul mercato?
Cambierebbe qualcosa se potesse tornare indietro?
Cosa pensa della possibilità in futuro, per i discendenti, di avviare delle novità imprenditoriali?
Io penso che saranno capaci di tutto! Credo che, con il loro entusiasmo, intraprenderanno sicuramente qualche nuovo percorso imprenditoriale.
Per concludere, obiettivi a medio/lungo termine?
Un obiettivo prioritario e già “work in progress” è ampliarci sotto molteplici punti di vista: come dicevo prima, aprendo nuovi shop, ingrandendone uno esterno che abbiamo già, ma anche ampliando l’area esperienziale realizzando delle degustazioni con qualche grande chef italiano. Non dimenticando mai di ampliare sempre la scelta dei prodotti, perché con il tempo cambiano i gusti e le esigenze dei consumatori e bisogna stare al passo. Infine, un impegno di fondo è quello della sostenibilità dell’ambiente: ormai è il substrato, un punto di partenza senza il quale non si va da nessuna parte.