Il caso Fontanot Spa
Laura Fontanot- Vicepresidente del Gruppo- ha le idee chiare sui requisiti per lo sviluppo del proprio family business, dove il profitto non è tutto e ad un leader è richiesto di proporsi come guida sotto l’egida di valori condivisi in primo luogo con la famiglia e con la visione d’impresa. Family Biz l’ha incontrata toccando con lei un tema primario per la crescita, quello della responsabilità, fisiologico e quindi preponderante per chi è parte di un organigramma familiare e ambisce al suo successo.
Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo le tappe del vostro family business…
La nostra azienda nasce fra le macerie del Dopoguerra, esattamente 76 anni fa, nel 1947: i fratelli Albini costituiscono a Rimini un’azienda artigiana per la produzione di scale a pioli e per la lavorazione del legno. Il laboratorio, ubicato in città, occupa 6 persone servendo principalmente una clientela locale. Nel 1960 entra in azienda la prima generazione: il figlio del fondatore, Carlo Albini, determina una prima fase di cambiamento della vita aziendale. Negli anni ’70 é mio padre, Enzo Fontanot ad entrare in società. Con l’entrata del nuovo socio-protagonista c’è stata la svolta: l’azienda inizia una radicale trasformazione orientata alla progettazione ed alla realizzazione di scale a giorno, cioè aperte alla vista, tracciando così una nuova concezione costruttiva per la scala intesa come parte integrante dell’arredamento di un ambiente.
La crescita non può prescindere dalla innovazione?
Credo che questo sia vero ma non sia sufficiente. Bisogna lavorare sul rinnovamento dei prodotti ma bisogna che questi sappiano interpretare il cambiamento in modo che siano rispondenti alle esigenze del consumatore finale. Quando mio padre introdusse la sua innovazione io ero molto giovane ma mi rendevo perfettamente conto che tutto stava cambiando e l’azienda ha saputo interpretare questo cambiamento. Negli anni ’80 il marchio Albini & Fontanot diventa celebre in tutto il mondo per aver realizzato un processo industriale per la costruzione di scale a chiocciola e a giorno.
Quindi l’ampliamento della gamma deve avvenire mantenendo un livello altissimo di qualità…
La ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative, capaci di cambiare il modo di concepire le scale è alla base di tutte le attività dell’azienda. Nel 1982 lanciammo il modello Xnodo, la prima scala a chiocciola con sistema di regolazione della struttura in orizzontale e verticale. Se gli Anni ’80 vedono il passaggio dell’azienda dalla scala artigianale a quella industriale con la standardizzazione del prodotto, gli Anni ’90 sono caratterizzati dalle scale in kit e su misura con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Non abbiamo mai smesso di evolverci ampliando la nostra offerta e diversificando la produzione. Come tutti, pandemia e guerra hanno avuto un impatto ma come sempre ci adeguiamo, troviamo nuovi canali e alternative per poter continuare a fornire un prodotto di qualità.
Quali sono stati i passaggi successivi?
Dopo le scale sono arrivate anche le ringhiere, poi una collezione di arredi per il commercio online-line ed infine, F_Window, la divisione dedicata alle finestre. Nel breve non escludo altre novità, abbiamo un grandissimo potenziale di crescita in termini di innovazione. Sono passati 75 anni ma certamente non ci accontentiamo e infatti anche il fatturato è in crescita così come il volume delle esportazioni.
Negli ultimi anni la vostra organizzazione sta affrontando un momento significativo, coinvolgendo sempre più i figli in azienda.
Non tutte le aziende famigliari sono un successo, infatti il segreto risiede nella passione genuina con la quale si intraprende un cammino. Fin da piccoli siamo stati abituati a considerare l’azienda come qualcosa della famiglia, come una parte integrante del nostro essere per cui era naturale, fisiologico diventare parte dell’organigramma. E in una fase critica come quella attuale le responsabilità aumentano per tutti.
Per gestire le fasi critiche quanto sono importanti una pianificazione e una progettazione?
Visto il complesso contesto socio-politico, verrebbe da dire che la pianificazione è inutile ma è esattamente il contrario. Pianificare e progettare strategie permette di restare connessi alla realtà. Programmare significa ricerca e sviluppo, indagini di mercato, individuazione di tendenze per conoscere i clienti e le loro necessità. In questo modo, quando accade un imprevisto come la pandemia o una guerra si ha comunque un solido punto di partenza per trovare alternative. L’investimento sull’e-commerce, ad esempio, ci ha aperto moltissimi canali a cui prima non arrivavamo contribuendo alla crescita del fatturato di questi anni.
Quale ruolo può avere consulente esterno nell’affiancare l’azienda in questa fase e che caratteristiche deve avere?
È fondamentale per dare un punto di vista differente, confrontarsi su contenuti e esporre esperienze diverse. Questo lavoro di confronto è quello che quotidianamente abbiamo noi membri della famiglia Fontanot con il nostro Ceo, Massimiliano Pianacci che è l’esempio di esterno con il quale si è creato un rapporto così stretto da essere ormai parte della famiglia. Discorso simile per quanto riguarda il consulente: la cosa fondamentale è che condivida i valori dell’azienda, la filosofia imprenditoriale e che allo stesso tempo sia in grado di proporre cambiamenti che abbiano come obiettivo la crescita del marchio.
Management esterno: occorre lavorare non solo sulla trasmissione delle competenze più tecniche, ma anche sulla migrazione dei valori dell’azienda. Trova che l’intervento di una figura terza possa essere di aiuto anche nella realizzazione di questo processo?
Come dicevo prima, è fondamentale che un’azienda famigliare si sappia circondare di persone che non sono parte della famiglia e che possano guardare all’azienda in modo obiettivo. Per noi, per mio padre, per i miei fratelli, Fontanot non è solo un marchio ma una storia famigliare. Ore di lavoro e passione, sacrifici, momenti di gioia e momenti difficili. È come un figlio che cresce sotto ai nostri occhi e che vogliamo proteggere da tutto e da tutti. Un esterno aiuta a limitare quel senso “materno”, passatemi il termine, che spesso accompagna le realtà imprenditoriali famigliari e che ne diventano il limite. Come con un figlio, vederlo crescere vuol dire correggerne i difetti, spronare il cambiamento e valorizzarne le potenzialità senza lasciarsi offuscare dall’affetto. Precisiamo: nel nostro lavoro la passione è fondamentale e non avremmo mai avuto questo successo se questo amore per il design e per l’arredo non fosse palpabile in ogni nostro prodotto, ma il manager esterno diventa una figura d’equilibro capace di mettere d’accordo i diversi animi nell’interesse del gruppo.