Vergani rappresenta da 80 anni un fiore all’occhiello dell’imprenditorialità milanese e la storia del suo panettone è, prima di tutto, la storia della sua famiglia. Con un capitale sociale di 90 milioni di euro nel 2024, l’azienda dà lavoro a 50 dipendenti e ha prodotto un fatturato di 17 milioni di euro nel 2023, incrementando gli utili rispetto all’anno precedente. Oltre all’orientamento verso i mercati esteri, il family business è fortemente impegnato nella crescita della propria organizzazione interna: «L’organizzazione aziendale non è strettamente legata alla proprietà familiare. Sebbene alcuni membri della famiglia occupino posizioni di rilievo, non si tratta di una regola fissa. Vi sono figure esterne alla famiglia che ricoprono ruoli manageriali chiave, dimostrando che l’accesso a posizioni di leadership dipende più dalle competenze e dall’esperienza che dall’appartenenza familiare». Ha spiegato Stefano Vergani Amministratore Delegato dell’azienda, protagonista con la sua testimonianza di questa intervista per FamilyBiz.
Quali sono le tappe più importanti che hanno segnato il vostro family business?
Le date fondamentali sono il 1944, quando Angelo Vergani rileva la pasticceria nella quale lavora e il 1949 quando acquista un capannone in via Oristano a Milano (zona Gorla) e inizia a produrre anche per altre pasticcerie. Ancora oggi, sebbene con numerosi ampliamenti, è rimasta la sede produttiva della nostra azienda. All’inizio degli anni 70’ Luigi e Giacomo, figli di Angelo, subentrano alla guida dell’azienda, decidendo di abbandonare le produzioni di pasticceria fresca e di concentrarsi sui prodotti a lievitazione naturale. Alla fine degli anni 90’ entriamo in azienda io e Lorella, rispettivamente figli di Luigi e Giacomo. L’azienda allarga la propria clientela, inizia a proporre il suo prodotto a grandi gruppi della distribuzione organizzata e apre a produzioni per terzi, ma solo per marchi di altissimo livello. Contemporaneamente io e Lorella decidiamo di concentrarci sui grandi lievitati da ricorrenza, rinunciando ad alcune produzioni accessorie. Soprattutto, puntando ancora più rigorosamente sulla altissima qualità, nella selezione delle materie prime migliori e decidiamo di modernizzare e automatizzare solo le fasi che non comportano un cambiamento nella qualità del prodotto. In questi ultimi anni entrano in azienda Andrea e Marco Raineri, figli di Lorella, e Vergani allarga la propria distribuzione a livello internazionale arrivando a esportare quasi il 30% della produzione. Iniziamo a distribuire il prodotto su tutto il territorio nazionale con un forte impulso verso l’innovazione, ampliando la gamma dei prodotti
A che punto siete, oggi, come impresa?
Oggi siamo un’azienda in crescita, che distribuisce il prodotto su scala nazionale e internazionale, con un forte orientamento ai mercati esteri. Puntiamo a rafforzare sempre di più il marchio Vergani e siamo fortemente impegnati nella crescita della nostra organizzazione interna.
Vi è stato un cambio generazionale e come gestite internamente i ruoli di potere in famiglia?
Come raccontavo prima, abbiamo vissuto diversi passaggi generazionali. Da ottant’anni la proprietà dell’azienda è nelle mani della stessa famiglia, e la quarta generazione Vergani è ben presente nell’organizzazione aziendale.
Come gestite la convivenza interna per favorire l’unione familiare?
Nella nostra realtà si sono avvicendate diverse generazioni, ma l’interesse principale deve sempre essere orientato al bene dell’azienda, al suo consolidamento e alla sua crescita. E questo è il principio guida per chi, della famiglia, vuole dare il proprio contributo. Anche la motivazione è fondamentale: chi della famiglia vuole entrare nell’organizzazione deve dimostrare di avere grandi motivazioni. Quando questi valori sono rispettati, è molto più semplice affrontare i processi decisionali.
Com’è strutturata la vostra governance familiare?
Nell’azienda sono presenti due rami della famiglia con il medesimo peso, a livello societario. Questa condizione è spesso un problema nei processi decisionali delle imprese. Ma quando al centro dei pensieri di ognuno c’è il bene, presente e futuro, della “creatura” azienda, si trova sempre la soluzione migliore.
Qual’è la sfida più grande finora affrontata?
La sfida più grande sicuramente è stata (e continua a essere) rimanere in città (a Milano) con la produzione. Del resto, si sa che il Panettone è nato a Milano. Cinquant’anni fa, Milano contava decine di imprese che producevano panettone, ma sono tutte scomparse, tranne una: la nostra. Per noi restare a Milano significa sposare la tradizione di questo dolce straordinario e conservare un pezzo fondamentale della cultura della nostra città. È quasi una missione. Non è semplice, ma abbiamo fatto una specie di miracolo.
Avete seguito delle strategie di crescita aziendale in questi ultimi anni?
Sì, assolutamente. Il nostro fatturato è cresciuto del 500% in dieci anni. Negli ultimi quindici anni abbiamo rinnovato completamente gli impianti, ridisegnato il layout produttivo, riorganizzato la logistica sia in ingresso sia in uscita, anche con l’aiuto di fornitori di servizi molto validi. Per fare quello che facciamo in Milano città, l’azienda deve essere una macchina perfetta, e tutti gli ingranaggi devono essere sincronizzati.
Quali sono state le innovazioni rispetto al business familiare tramandato?
Le innovazioni sono state tante. Anzitutto, nei decenni ci siamo focalizzati sul nostro core business. E poi la nostra organizzazione interna è profondamente cambiata negli anni, diversamente la crescita dell’ultimo decennio non sarebbe stata gestibile. Noi ci riteniamo degli innovatori all’interno del nostro settore, ci definiamo degli innovatori di un business tradizionale. Negli anni abbiamo presentato sul mercato moltissime novità, che in alcuni casi ci sono state copiate, e continuiamo e continueremo a farlo.
Com’è ora strutturata l’organizzazione interna, ha più riferimento alla governance familare o aziendale?
L’organizzazione aziendale non è strettamente legata alla proprietà familiare. Sebbene alcuni membri della famiglia occupino posizioni di rilievo, non si tratta di una regola fissa. Vi sono figure esterne alla famiglia che ricoprono ruoli manageriali chiave, dimostrando che l’accesso a posizioni di leadership dipende più dalle competenze e dall’esperienza che dall’appartenenza familiare. I membri della famiglia, se motivati e interessati al business, sono invitati a dare il loro contributo, ma il loro accesso a posizioni di rilievo è in funzione delle capacità individuali, proprio come avviene per i professionisti esterni; la loro presenza deve rappresentare un’opportunità per l’azienda, non un vincolo, altrimenti si rischierebbe di limitare la crescita e l’efficacia.
I piani futuri per il family business prevedono l’apertura del capitale?
Sebbene al momento non sia prevista nel piano strategico aziendale, l’apertura del capitale non è esclusa in futuro. Non vi sono preclusioni in merito e, qualora le condizioni la rendessero un’opportunità vantaggiosa, potrebbe essere considerata.