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I SALOTTI DI FAMILY BIZ

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Entrare nel Family Business 24 anni come legale rappresentante

La sfida di Alice Pretto, Essay Group

di Marialetizia Mele

Fondata da un artigiano, tecnico e creativo insieme, in undici anni di attività Essay Group ha portato la saldatura ad alta frequenza nei settori più diversi, dall’elettromedicale, tuttora il core business, all’arredamento outdoor e nautico, e da Mestrino, in provincia di Padova, è arrivata sui mercati europei. Oggi l’azienda ha 21 collaboratori e un fatturato 2021 di 1,8 milioni di euro, che dovrebbero superare i 2 milioni nel 2022. Alla guida c’è la famiglia Pretto: il fondatore Giuseppe, Loretta e i loro figli Luca e Alice. «Nel 2011 mio padre ha ricominciato da zero in un piccolo stabilimento che in passato fu la “stalla del nonno”, coinvolgendo tutta la famiglia: mia mamma, mio fratello e io, che all’epoca avevo 18 anni», racconta Alice Pretto, 29 anni e da cinque a capo dell’azienda.

Amministratore a 24 anni: come ha affrontato una sfida così impegnativa?

Sono entrata in azienda come rappresentante legale nel 2017, su richiesta di mio padre: una situazione atipica, perché è stato lui stesso a volermi dare spazio. Dopo la laurea in economia e un master in Management dell’Innovazione avevo fatto altre esperienze, anche all’estero, e prima di diventare amministratore ho seguito con la mia famiglia un percorso formativo nel quale abbiamo lavorato su diverse competenze nei vari ambiti aziendali, ma anche su noi stessi e sui nostri valori. L’anno scorso abbiamo istituito il CdA, del quale sono presidente. Il passaggio non era scontato, siamo stati io e mio fratello a voler prendere in mano l’azienda perché volevamo trasformarla in qualcosa di grande. Abbiamo avuto la fortuna di avere genitori lungimiranti, che hanno capito che dovevamo agire tutti insieme.

Il cambio al vertice aziendale a pochi anni dall’avvio ha creato criticità negli equilibri interni?

Come famiglia ci siamo affidati a un consulente, che ci ha letteralmente chiusi in una stanza assegnandoci il compito di decidere come avremmo gestito l’azienda. Negli accordi abbiamo definito chi avrebbe avuto un peso maggioritario, che oggi abbiamo mio fratello e io, ma ci piace la condivisione con tutta la famiglia.  Mio fratello Luca, che già lavorava in azienda, quando sono arrivata ha lasciato la produzione per fare il tecnico commerciale; la competenza tecnica è un valore aggiunto nel nostro settore. La nostra forza è nel fatto che ci compensiamo, abbiamo sempre uno scambio diretto e nessuno di noi due potrebbe svolgere il suo lavoro senza l’altro. I nostri genitori sono ancora presenti e operativi in azienda: mia madre si occupa della tesoreria, mio padre della parte creativa e dello sviluppo di nuovi progetti. Dal primo aprile gli abbiamo affiancato il suo cambio generazionale, un tecnico di produzione: abbiamo assunto il primo ragazzo che lui stesso aveva formato 30 anni fa. In realtà, non stiamo affrontando un passaggio generazionale, ma la convivenza generazionale, un tema di cui si dovrebbe parlare più spesso e che andrebbe affrontato in modo adeguato, con percorsi di formazione specifici.

Alice Pretto, Essay Group

Alice Pretto, Essay Group

Quali difficoltà ha incontrato alla guida dell’azienda e come le ha risolte?

Ho cominciato occupandomi da subito di situazioni complesse: un fondo bancario, la liquidazione del socio di minoranza e la gestione della società di famiglia. A 24 anni avevo la spinta dell’entusiasmo per smuovere tutto, anche una certa irriverenza, e sono serviti anche gli scontri. Essere giovane e donna può essere visto come aspetto critico ed è stato importante che mio padre mi abbia dato fiducia davanti a tutti, come quando, agli inizi, mi aveva lasciata da sola a discutere di investimenti con alcuni consulenti, tutti uomini. Da quell’episodio ho cominciato a occuparmi anche di quel settore e oggi tutti gli investimenti devono passare da me e da mia mamma: la parte finanziaria è nelle mani delle donne di famiglia. Non sempre è facile far capire un nuovo modo di lavorare e nuovi strumenti, come il “debito buono” che serve per crescere, e a volte bisogna anche sapersi imporre in modo intelligente. Siamo in un mondo veloce e cerco di aiutarli a capire il nuovo, a stare al mio passo.

Come sta gestendo la crescita dell’azienda e quali sono i suoi obiettivi di sviluppo?

Abbiamo approvato un piano strategico che comprende diversi progetti. A giugno collegheremo il primo macchinario Industria 4.0, un percorso che studio da anni e che ci permetterà di rendere digitali quasi tutti i processi. A settembre inizieremo un ampliamento della sede per creare un nuovo stabilimento e avere più spazio e un ambiente più vivibile. Rinnoveremo anche la comunicazione con una nuova brand identity. Vogliamo dare un’immagine diversa dell’azienda anche dal punto di vista della sostenibilità, non solo ambientale, ma anche sociale: l’anno scorso abbiamo introdotto il welfare e abbiamo dovuto fare cultura in azienda per farne capire il valore. Stiamo anche investendo sulle persone: con un fondo europeo abbiamo avviato un percorso di formazione con tutti i dipendenti, che hanno già fatto un’ora di coaching ciascuno per valorizzare il potenziale; ora inizieremo i lavori di gruppo sull’etica, i valori, la squadra. I nostri collaboratori sono al 47% donne e la maggior parte under 36. Abbiamo fatto entrare il nostro braccio destro nel CdA e stiamo investendo su un altro ragazzo, io stessa sono affiancata da una persona che voglio far crescere.

Come vede il suo futuro da imprenditrice?

Quando sono diventata rappresentante legale, ho promesso a mio padre che sarei rimasta cinque anni, alla fine dei quali avrei trovato un manager più bravo di me. Non capivo ancora che cosa avrei voluto fare. I cinque anni sono passati, ma è ancora presto, stiamo iniziando a crescere, quando arriveremo ai 5 milioni di fatturato comincerò a pensare al mio futuro. Io e mio fratello abbiamo fatto un percorso valoriale e abbiamo abbozzato insieme il manifesto dell’azienda che presto condivideremo con i nostri collaboratori, i quali potranno condividere il loro pensiero. Siamo entrambi convinti che l’imprenditore sia colui che ha la capacità di moltiplicare, di creare valore economico, sociale, ambientale. Ma poi bisogna saper prendere quel valore, reinvestirlo e sviluppare qualcos’altro. Non vorrei fermarmi qui.

Pensa a nuovi progetti all’interno dell’azienda di famiglia o a una sua startup?

Ho un progetto per aprire una startup di prodotti che oggi si realizzano in Estremo Oriente e che vorrei invece produrre con una filiera interamente made in Italy e sostenibile. L’idea è di lavorare con l’e-commerce e di creare una comunità online sull’artigianato e sul processo tecnologico industriale, per raccontare il tema della sostenibilità e la filiera del riciclo della plastica. Dovrò assumere collaboratori giovanissimi, con competenze digitali che io non ho. Tra i progetti per Essay Group, invece, c’è quello di creare una scuola di saldatura ad alta frequenza per formare nuovi talenti, nella quale coinvolgere enti e università. Oggi la sfida è far sopravvivere la tecnologia al tempo e ci sono competenze specifiche che si imparano solo in fabbrica.

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